Israele gioca oggi a Parigi in uno stato di assedio. E la Uefa tace sul pogrom di Amsterdam

Allo Stade de France per la partita di Nations League sono stati mobilitati 4.000 agenti di polizia e 1.600 addetti alla sicurezza. Intanto dopo la partita dell’Ajax, la Uefa ha condannato solo “gli incidenti e gli atti di violenza”

La Coppa Davis a porte chiuse a Malmö, la partita di calcio fra Belgio e Israele cancellata a Bruxelles, la mega zona rossa a Udine per Italia-Israele e la settimana scorsa il pogrom dopo Ajax contro Maccabi ad Amsterdam. Oggi allo Stade de France ci saranno più politici che tifosi per la partita di Nations League tra Francia e Israele: Emmanuel Macron, Michel Barnier, Nicolas Sarkozy e François Hollande (il 13 novembre 2015 era allo stadio durante gli attacchi dell’Isis). Parigi mobilita quattromila agenti di polizia e 1.600 addetti alla sicurezza. Il luogo di allenamento e di residenza degli israeliani è segreto. Venduti ventimila biglietti su ottantamila di capienza. Israele ha esortato a non andare alla partita. “Per una ragione simbolica non dobbiamo cedere”, dice il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau. Il giorno dopo la partita di Amsterdam, l’organo di governo del calcio europeo, la Uefa, ha condannato “gli incidenti e gli atti di violenza”.

Niente sugli account social della Uefa. Eppure, basta un coro razzista o una imprecazione omofoba dagli spalti per farli intervenire. Un mese fa, tifosi dell’Anderlecht hanno creato problemi durante una partita di Europa League contro la Real Sociedad. Hanno rotto bottiglie e spaventato alcuni tifosi anziani della squadra spagnola. Una questione piuttosto marginale. Eppure, la Uefa l’ha condannata sul suo account ufficiale con un vigoroso “No alla violenza” e ha bandito i tifosi dell’Anderlecht per tre partite. Ma quando ultras del Paris Saint-Germain (proprietà del Qatar) srotolano un enorme striscione con la scritta “Liberate la Palestina” su un’intera tribuna prima della partita contro l’Atletico Madrid, nessuno fiata alla Uefa.

Il centrocampista della squadra nazionale israeliana Ethane Azoulay dice da Parigi: “E’ un peccato che gli ebrei non possano venire alla partita”. Nessuno si azzarda a farsi vedere in uno Stade de France che sorge in uno di quei “territori perduti” della Repubblica. Prima della finale di Champions League del 2022 allo Stade de France, il campione di calcio Thierry Henry ha detto che “Saint-Denis non è Parigi”: “Credetemi, non vorreste essere a Saint-Denis”. “Ci sono 135 comunità a Saint-Denis”, ha osservato l’ex ministro dell’Interno socialista Jean-Pierre Chevènement, “ma una è praticamente estinta”. Chissà quale.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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