Donald Trump ha nominato Pete Hegseth segretario della Difesa. L’anchorman di Fox news, con un passato nella Guardia nazionale in Iraq e in Afghanistan, ha posizioni anti Nato e in linea con l’ideologia Maga
Chi è appassionato di varietà si lecchi i baffi: sull’altra sponda dell’Atlantico è cominciato lo show di fine d’anno, la pirotecnica composizione della squadra di governo con cui Donald Trump da gennaio prenderà in mano le sorti dell’America, per condurla non è chiaro dove. L’assunto dell’operazione invece è ormai lampante: coerentemente col suo noto scetticismo verso la politica tradizionale e i politici di professione, il neopresidente si sbizzarrirà nelle nomine più stravaganti, assecondando quello che considera il suo infallibile intuito, lo stesso che gli ha permesso di destreggiarsi come un ballerino tra procedimenti giudiziari, bancarotte, denunce, attentati, eccetera.
L’ultimo exploit di quella di questa pirotecnica serie – che già include l’annessione del miliardario Elon Musk e del “patriota americano” Vivek Ramaswamy alla guida dell’orwelliano Dipartimento dell’efficienza governativa, incaricato d’imporre la deregulation come filosofia nazionale – consiste nella nomina a segretario della Difesa, l’uomo a capo del Pentagono e al comando del milione e trecentomila uomini in divisa, niente meno che di un anchorman di Fox News. Non uno qualsiasi, ma Pete Hegseth, una specie di Ken (il boyfriend di Barbie) dalla mascella quadrata, da anni inscalfibile paladino di Trump sul canale che strombazza 24/7 personaggi, politiche e iniziative della destra americana. La notizia, che rilancia l’intenzione di Trump di ritagliarsi il più personalistico dei governi, stavolta senza freni, deve aver provocato un mezzo infarto tra i generali americani. Per quanto il 44enne Hegseth possa vantare trascorsi da veterano (durante il primo mandato di Trump ha servito a capo dell’Ufficio per i Veterani ed è stato ceo del Concerned Veterans for America, gruppo di pressione per i diritti sanitari dei reduci) e abbia servito nella Guardia nazionale in Iraq e in Afghanistan, Hegseth ha attirato l’attenzione di Trump per lo slancio col quale ne ha difeso le posizioni nelle sue apparizioni televisive, esponendosi su posizioni palesemente anti-Nato e sostenendo le tesi trumpiane quanto al divieto per i transgender di servire nell’esercito e in favore dell’utilizzo di truppe contro i civili in caso di disordini nelle città americane.
Dunque un estremista del Maga, di cui Trump si fida sulla base delle prove di lealtà che Hegseth gli ha offerto, per esempio facendo proprie le sue prese di posizione riguardo ai crimini di guerra commessi dalle truppe americane durante le operazioni in medio oriente, includendo nella sua pretesa di amnistia anche i paramilitari responsabili di gravi delitti. E’ evidente che la totale mancanza di esperienza di Hegseth nel prendere il comando di una struttura delicata come il Pentagono sarà al centro di un’aspra resistenza nel corso delle udienze di conferma della sua nomina, con un feroce ostracismo da parte dell’opposizione. Tanto più in vista del progetto, di cui Trump non fa mistero, di iperpoliticizzare il Pentagono procedendo a spietate purghe dei non allineati alla sua visione, quelli che chiama i “generali del woke”: a cominciare dall’assai inviso generale Charles Q. Brown Jr., il militare di più alto grado del paese, che presiede i capi di stato maggiore congiunti, un afroamericano nominato da Biden, molto attivo sui temi dell’inclusione e della diversità nelle forze armate. E’ perciò evidente che, sebbene Hegseth non disponga delle skill indispensabili per occuparsi di una gestione così complessa, a Trump basta poter contare su un esecutore delle sue disposizioni, passando al setaccio gli alti ranghi e pensionando i disobbedienti e non graditi.
“Ideologie come la correttezza politica si sono fatte largo tra i militari e ci sono generali che non hanno replicato come avrebbero dovuto, sostenendo che dovremmo concentrarci solo sulla prontezza, sull’efficacia e sulla meritocrazia”, ha dichiarato Hegseth. Perciò questa sarà la sua priorità prima ancora di perfezionare le relazioni con alleati e avversari sul piano internazionale, in un momento in cui c’è molta carne al fuoco per l’America nel mondo. Un esecutore pronto ad agire, mentre la retorica trumpiana prova a farsi realtà. “Un vero duro” nella lode che ne ha pronunciato Trump. Uno che sostiene che sarebbe una buona idea rimandare in cucina o in fureria le donne nelle zone di combattimento. Lasciando fare a quelli come lui, che si è guadagnato medaglie in azione, va fiero dei suoi tatuaggi e non vede l’ora di raddrizzare la schiena al Pentagono. Un posto che s’era illuso di poter somigliare al mondo là fuori, coi suoi dubbi e le sue contraddizioni. E adesso rischia d’assumere i connotati dell’ufficio del dottor Stranamore.