La recensione del libro di Lucia Felici e Girolamo Imbruglia edito da Carocci, 336 pp., 33 euro
Un libro giusto per i tempi che corrono. Mentre i fanatismi religiosi continuano a mietere vittime, il mondo occidentale si trova stretto, quasi soffocato, tra una destra reazionaria, nazionalista e xenofoba, spesso impegnata a stigmatizzare stranieri e disabili, e una sinistra protagonista di una identity politics tesa a respingere tutto ciò che non aderisce ai propri canoni identitari. Sembra emergere, oggi più di ieri, una difficoltà ad accogliere l’altro, quasi un rifiuto del diverso che porta a rinchiudersi appunto nel recinto della propria presunta identità: un’identità che proprio nella sua incapacità di confrontarsi con l’altro in modo accogliente e dialogante mostra tutta la propria fragilità. Questa storia della tolleranza in età moderna, scritta da Lucia Felici e Girolamo Imbruglia riporta al centro del dibattito i valori della secolarizzazione e più in generale l’universalismo dei diritti umani di matrice illuminista, ricordando a tutti noi attraverso quali e quante violenze e spargimenti di sangue è dovuta passare la società occidentale prima di approdare ai princìpi della tolleranza religiosa e politica per farne la base di una pacifica convivenza civile.
Gli autori offrono una storia intellettuale e sociale della tolleranza in Europa tra i secoli XVI e XVIII che è anche, nella sua seconda parte, una storia del rapporto tra il concetto di tolleranza e l’idea di sovranità. Dal confronto con l’altro religioso (Lutero) e con l’altro indigeno (le popolazioni delle Americhe) inizia la storia di un lungo Cinquecento di guerre di religione che si spinge fino alla pace di Westfalia (1648), quando l’elemento confessionale viene depotenziato avviando un lento e graduale processo di secolarizzazione. I protagonisti del libro sono tanti, da Sebastiano Castellione a Jean Bodin, da Michel de Montaigne a Pierre Bayle, da Hobbes a Spinoza, da Voltaire a Rousseau: ma insieme a loro sono protagonisti anche le donne e gli uomini che la tolleranza la praticarono giorno per giorno mentre il mondo intorno a loro prendeva fuoco in nome della religione. Ricostruendo una tortuosa vicenda che passa per la scoperta del diritto alla coscienza erronea e alla libertà di coscienza e di parola, i due autori approdano alla Rivoluzione francese, momento storico in cui il concetto di tolleranza stesso viene superato perché la libertà politica assicura la piena libertà civile e religiosa. Come disse il conte di Mirabeau rivolgendosi ai membri dell’Assemblea nazionale nel suo noto discorso sulla libertà dei culti (1789), la parola tolleranza appariva ormai tirannica di fronte all’idea di una libertà religiosa illimitata difesa dai rivoluzionari. Non sapeva, non poteva sapere Mirabeau, che quella libertà avrebbe trovato sulla sua strada ancora molti ostacoli e molti nemici.
Lucia Felici e Girolamo Imbruglia
La tolleranza in età moderna
Carocci, 336 pp., 33 euro