I Tory hanno un problema con Farage, asset trumpiano che vuole mangiarseli

La via di Kemi Badenoch, neoleader del Partito conservatore, verso il trumpismo si interseca con quella di Farage, che l’aspetta famelico all’incrocio. Il palazzo a mattoncini rossi con le colonne bianche al numero 55 di Tufton Street è un crocevia tra il mondo trumpiano, quello di Farage e quello dei Tory

Il primo question time di Kemi Badenoch, neoleader del Partito conservatore britannico, è stato il 6 novembre, qualche ora dopo che la vittoria di Donald Trump è diventata certa. Vi scuserete con il nuovo presidente, ha chiesto Badenoch al premier laburista Keir Starmer, per averlo definito “delinquente con simpatie neonaziste”? Badenoch citava una frase del 2018 di David Lammy, allora parlamentare e oggi ministro degli Esteri, che nel frattempo ha recuperato in parte le relazioni con i conservatori americani, in particolare con il vicepresidente, J. D. Vance, che pure ha definito il Regno Unito sotto la guida laburista un paese “veramente islamista” che possiede la bomba atomica. “Ho incontrato Vance in molte occasioni – ha detto Lammy a luglio – Abbiamo la stessa estrazione sociale e problemi di dipendenze nelle nostre famiglie. Ci abbiamo scritto entrambi dei libri, ne abbiamo parlato, e siamo entrambi cristiani, possiamo trovare un terreno comune”.

E’ questa una piccola breccia in un muro di ostilità che i trumpiani hanno costruito contro i laburisti al governo – in particolare lo ha fatto Elon Musk, per questo molto temuto a Londra vista la sua influenza su Trump – ma anche i Tory si trovano in una posizione complicata rispetto all’America che verrà, per due ragioni: Badenoch non è “una grande sostenitrice” di Trump, come aveva detto lei stessa, anche se è un po’ corsa ai ripari dopo aver visto l’allora candidato organizzare un comizio da McDonald’s: “Comprende la vita quotidiana delle persone, le loro preoccupazioni”. La seconda ragione è Nigel Farage, che è un asset oltreoceano del mondo Maga – come ha detto Steve Bannon al Corriere della Sera, in Europa ci sono Marine Le Pen, Nigel Farage e Viktor Orbán – e ha l’ambizione di fare con il suo partito, Reform Uk, quel che i trumpiani hanno fatto con il Partito repubblicano: mangiarsi i Tory.

La via di Badenoch verso il trumpismo si interseca con quella di Farage, che l’aspetta famelico all’incrocio. Il palazzo a mattoncini rossi con le colonne bianche al numero 55 di Tufton Street, vicino a Westminster, è un crocevia tra il mondo trumpiano, il mondo di Farage e quello dei Tory: qui ha sede la gran parte dei centri studi conservatori e libertari britannici. Se si ripercorre la storia di questo palazzo e dei suoi inquilini si ritrova la trasformazione della destra britannica dal thatcherismo fino al nazionalismo della Brexit. Secondo Peter Geoghegan, giornalista investigativo e autore di “Democracy for sale”, “i centri studi di Tufton Street sono spesso descritti come finanziati dalla ‘dark money’ perché non sono trasparenti sui loro fondi”, ma se si guardano i dati delle donazioni americane si vede una connessione tra i centri studi trumpiani – in particolare l’Heritage Foundation, quella del Project 2025 che ha la prefazione di Vance ma è stato liquidato come “sconosciuto” da Trump, quella che ha una storia simile ai centri studi britannici della quieta vietta londinese, dal reaganismo al trumpismo – e quelli di Tufton Street. Sul magazine Prospect, Geoghegan scrive: “Ora molti della destra radicale e dei Tory hanno una nuova speranza” dopo la sconfitta elettorale di luglio, perché “in Farage, a Tufton Street e nei finanziatori del trumpismo ritrovano persone con cui è possibile fare affari”. Durante la sua campagna per la leadership dei Tory, Badenoch aveva il suo quartier generale – ha scritto Bloomberg – a casa di Neil Record, uno dei più generosi finanziatori di Tufton Street, in particolare per quel che riguarda il negazionismo climatico.

In questi giorni, molti conservatori stanno dicendo a Badenoch di non cadere nella trappola di Trump, assimilata alla trappola di Farage. Il Guardian ha raccolto la voce di un ex ministro conservatore che dice: Trump è impopolare nel Regno Unito, per riconquistare i tanti seggi persi bisogna battere il Labour e i Libdem, non spingersi a destra da Farage. Il nuovo direttore del portale ConservativeHome, Giles Dilnot, dice che bisogna studiare la vittoria di Trump, in particolare la sua capacità di occuparsi delle preoccupazioni reali degli americani, ma aggiunge che su questioni cruciali la distanza tra i Maga e i Tory è incolmabile: pensa ai dazi e alla difesa dell’Ucraina. Due giorni fa Badenoch ha scritto sul Telegraph: “Se Trump persegue una nuova politica protezionistica fatta di dazi, è una notizia terribile per il Regno Unito. Soltanto un Free Trade Agreement ci potrà proteggere” (aggiunge che considera Starmer incapace di negoziarlo, un accordo del genere). Priti Patel, ministro degli Esteri ombra, ha detto dopo la vittoria di Trump che l’impegno dei Tory nella difesa dell’Ucraina è “solido e risoluto”. Patel ha buone connessioni con i trumpiani: all’inizio dell’anno ha ospitato i capi della Heritage Foundation, “i nostri amici oltreoceano” che difendono “i valori conservatori a casa e all’estero”.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

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