Senza una politica estera comune, l’Europa fallirà (cit. Merkel)

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Sono dazi per l’Europa!

Michele Magno

“Cento anni dopo la catastrofe della Grande guerra, dobbiamo chiederci se abbiamo davvero imparato la lezione della storia, e a me pare di no. Dobbiamo cooperare e il protezionismo non è la risposta giusta. E se pensiamo che le cose non siano gestite in modo equo e che i meccanismi non siano reciproci, allora dovremmo cercare soluzioni multilaterali, e non risposte unilaterali, che alla fine servono solo a rafforzare l’isolamento e il protezionismo. Se vogliamo essere presi sul serio come europei, ci troviamo di fronte a un altro grande compito, vale a dire lavorare insieme nel campo della politica estera. La politica estera comune europea rimane sottosviluppata. Se l’Europa, con i suoi futuri 27 stati membri, non sarà in grado di inviare un messaggio coerente a grandi paesi come Cina, India, Stati Uniti o Russia in futuro, ma invece condurrà la politica estera a livello nazionale mentre cerca di essere un attore globale, ciò si tradurrà in un fallimento” (Angela Merkel, Davos, 24 gennaio 2018).


Al direttore – Sono rimasto sorpreso e deluso nel leggere le recenti dichiarazioni con cui Raphaël Glucksmann, personalità alla quale anch’io come il suo giornale guardo con favore per il meritorio tentativo di rilanciare su basi moderne, riformiste ed europeiste la tradizione del socialismo francese, ha liquidato la candidatura di Raffaele Fitto a commissario e vicepresidente della Commissione europea. Mi riferisco alle parole con cui ha sostenuto che una posizione così importante non dovesse essere assegnata alla “estrema destra italiana” e più in generale a forze che non hanno sostenuto la conferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Si tratta, a mio avviso, di un grave abbaglio. Già parlare di estrema destra con riferimento a Fratelli d’Italia, oggi che è il primo partito italiano e alla guida del governo, è un macroscopico errore di analisi. A maggior ragione, poi, se si vuole etichettare così Raffaele Fitto, il cui percorso politico personale è ed è sempre stato limpidamente democratico e saldamente ancorato ai valori della Costituzione repubblicana, oltre che a lungo organico al Partito popolare europeo. Egli inoltre ha attivamente contribuito come capogruppo al Parlamento europeo dei conservatori e poi come ministro del governo Meloni alla difficile e forse ancora non del tutto compiuta evoluzione delle posizioni di quel gruppo e a livello nazionale di Fratelli d’Italia rispetto al processo di integrazione europea. C’è infine un errore ben più di fondo nella posizione di Glucksmann. I partiti socialisti e socialdemocratici più lungimiranti hanno sempre guardato con favore a ogni forma di possibile espansione delle basi di consenso della costruzione comunitaria. E’ evidente che oggi la presidente della Commissione europea nel proporre il nome di Fitto come vicepresidente non solo abbia tenuto conto del peso dell’Italia e dell’autorevolezza del suo candidato, ma abbia voluto anche scommettere con questa mossa su un maggior coinvolgimento e una più convinta acquisizione alla causa comune di forze sin qui euroscettiche, peraltro in non pochi paesi risultate vittoriose nelle ultime elezioni. Di questa scommessa essa naturalmente porta la responsabilità politica e anche su questo andrà valutata la sua azione futura dal Parlamento europeo e dai suoi gruppi, ma sarebbe davvero una prova di immaturità della sinistra se questo tentativo venisse bruciato sul nascere mettendo a repentaglio anche la formazione dell’intera squadra della Commissione sulla base di letture schematiche o di miopi calcoli politici nazionali.

Giulio Napolitano

Perfetto.

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