Ofek Ziv dice al Foglio: “E’ stato terrificante. Ci hanno riconosciuti dalle sciarpe e dalle maglie della squadra e ci hanno attaccati. Mi hanno tirato una pietra in testa, hanno lanciato fuochi d’artificio”. “Hanno aspettato che uscissimo fuori dallo stadio e hanno iniziato a cercare i tifosi, ma hanno preso di mira solo persone innocenti”, dice Uri Geror
Roma. Siamo solo tifosi, e questo è solo sport: con la politica non c’entriamo nulla. Eppure Ofek Ziv, cittadino israeliano che giovedì sera si trovava ad Amsterdam soltanto per assistere alla partita della squadra Maccabi Tel Aviv contro Ajax, mentre tornava in albergo è stato aggredito per strada da un gruppo di arabi con pietre, coltelli e bastoni. “E’ stato terrificante. Ci hanno riconosciuti dalle sciarpe e dalle maglie della squadra del Maccabi Tel Aviv e ci hanno attaccati. Mi hanno tirato una pietra in testa, hanno lanciato fuochi d’artificio e poi abbiamo sentito una grossa esplosione, come un razzo”, dice al Foglio, appena atterrato in Israele con uno dei voli speciali organizzati dal governo per riportare tutti i cittadini a casa. Ziv racconta di un agguato, il suo primo pensiero è stato quello di fuggire, ma mentre tornava a casa continuavano ad arrivargli notizie di israeliani feriti e video di aggressioni: alcuni sono stati derubati dei loro passaporti e filmati mentre venivano costretti a dire: free Palestine. Ziv è scappato con un taxi, ma molti testimoni hanno raccontato nelle ore successive di non essersi sentiti al sicuro nemmeno a prendere un taxi perché nella caccia all’ebreo premeditata e partita nella notte di giovedì sarebbero stati complici proprio i tassisti di Amsterdam.
“Sapevano che venivamo da Israele, e cercavano gli scontri. Hanno aspettato che uscissimo fuori dallo stadio e hanno iniziato a cercare i tifosi, ma hanno preso di mira solo persone innocenti. Hanno aggredito uomini adulti, bambini, famiglie. C’erano moltissimi bambini ad assistere alla partita”, racconta al Foglio Uri Geror, che nella vita fa la guida turistica in Israele ed era arrivato ad Amsterdam mercoledì sera con un amico per guardare la partita: “E’ stata una partita molto speciale tra due squadre molto legate fra loro. Perché l’Ajax, la squadra di Amsterdam, è considerata molto vicina a Israele. E la città stessa ha una grande storia ebraica. Doveva essere una festa del calcio, e c’erano tifosi che venivano da ogni dove”. Uri non era nella zona di Piazza Dam nel momento in cui è partita la violenza, ma racconta di un clima pesante già all’uscita dello stadio: “Sapevano che stavamo arrivando. Quando siamo usciti dallo stadio, hanno cercato di avvicinarsi a noi, ma la polizia li ha bloccati. Poi alla stazione del treno per tornare in centro, abbiano visto dei manifesti lasciati per terra su cui avevano scritto che Israele è uno stato terrorista”. Secondo Uri Geror prima della partita la polizia sembrava ben preparata, ma “dopo la partita, sembrava che la situazione fosse sfuggita al controllo, come qualcosa che non sapevano come gestire”. E riguardo ai video e in cui si vedono dei tifosi strappare via dai balconi alcune bandiere palestinesi – utilizzati sin dalle prime ore per spostare l’attenzione sulla “frangia estremista” del Maccabi Tel Aviv e giustificare la caccia all’uomo di quella notte dice: “E’ stato fatto da singoli individui, non da tutta la tifoseria: non rappresentano una squadra e non giustifica ciò che è successo dopo. Non sono andati a caccia di quelle persone, ma è stato un attacco indiscriminato contro ebrei, contro ragazzi adolescenti e famiglie con bambini. E’ stata come una brigata militare mandata lì contro di noi”.
In un video diffuso sui social si vede una coppia di aggressori minacciare persino un rifugiato ucraino, costretto anche lui a dire “free Palestine” e obbligato a mostrare il suo passaporto e a dimostrare che fosse completamente estraneo ai fatti. La mattina dopo, Uri è fuggito a Vienna, perché “il mio volo è stato cancellato e ho deciso di partire il prima possibile da Amsterdam: ci hanno detto che per noi non era più sicuro rimanere lì”. Ofek, invece ha aspettato il volo per Israele, e dice: “L’unica cosa che volevo fare era scappare il più velocemente da Amsterdam. Eravamo veramente spaventati, ma eravamo insieme. Il mondo deve sapere che gli ebrei non si sentono più liberi e al sicuro fuori da Israele. Non sono più liberi di camminare per strada in una città europea. E’ davvero, davvero deludente che la polizia non sia venuta a difenderci. Sono arrivati molto, molto, molto tardi”.