I Simeone non finiscono mai: il Cholo ha fatto esordire pure Giuliano

Il fratello de il Cholito debutta da titolare segnando il primo gol della sua carriera all’Atletico Madrid, con il solo nome stampato sulla maglia. Una dinastia che si allarga e una responsabilità importante, senza alcun nepotismo

Nello spogliatoio dell’Atletico Madrid, prima della partita contro Las Palmas, Diego Simeone leggeva la formazione titolare. A un certo punto tutti hanno sentito dire “Giuliano”, pronunciato con la fatica che può metterci un allenatore che non vuole ombre intorno a sé e che chiamando Giuliano un po’ si sentiva in difficoltà. Perché Giuliano Simeone è il figlio di Diego Simeone, terzogenito ventunenne di una dinastia che sembra non finire mai, e il sospetto di nepotismo va allontanato, questo è calcio.



Non è una storia di emozioni, perché parliamo di una famiglia di sentimenti ruvidi (almeno in apparenza), di un padre che accompagna ogni suo ragazzo fino alle soglie della carriera e poi però devono fare da soli. Così è accaduto per Giovanni Simeone, il Cholito, ora attaccante di scorta del Napoli di Conte, che a furia di reclamare indipendenza è arrivato a odiare il soprannome che faceva di sé una miniatura del padre (il Cholo, appunto). Discorso che vale anche Giuliano, nato a Roma quando il padre giocava nella Lazio e cresciuto nella cantera dell’Atletico. Infatti era andato in giro in prestito (Real Saragozza e Alaves) cercando di crescere o di farsi strada da solo, ma poi è tornato a casa, quasi nel vero senso della parola, perché probabilmente la strada è quella.



Prima o poi, allora, doveva accadere: se giochi nella squadra allenata da tuo padre o non entri in campo mai oppure entri e sei subito “il figlio di”. Serve un’idea per distinguersi, infatti sulla maglia Giuliano ha il nome, non il cognome. E fare gol, tutto sommato, sembra il modo giusto per dire che tutto quello che state vedendo è meritato. Giusto così: Giuliano Simeone si è distinto, ha segnato il primo gol della sua carriera nell’Atletico Madrid, la squadra allenata dal padre. Ha suggerito un lancio a Molina, si è messo a correre con il pallone lasciandosi dietro tutta la difesa del Las Palmas e ha incrociato il tiro di destro, scivolando poi sulle ginocchia per esultare e baciando lo stemma dell’Atletico.



Il destino non ha esagerato con gli incroci solo per pochi giorni: il suo primo gol con i Colchoneros nella Liga è del 3 novembre del 2024, il primo di papà Diego, con la stessa maglia, del 5 novembre 1994, quasi trent’anni esatti prima. Ma tutto torna, perché uno dei motivi per cui i Simeone non finiscono mai è che in qualche modo si passano il testimone: al debutto in Champions, l’altro figlio, Giovanni, ha segnato e tutti si sono ricordati che anche il padre segnò alla sua prima partita nella stessa competizione. Anzi, Giovanni ha avuto un impatto con la vecchia Coppa dei Campioni incredibile: quattro gol nelle prime quattro partite nel 2022, eguagliando il record per un argentino nella competizione. Record che apparteneva al padre.



Dopo che Giuliano ha segnato (l’Atletico ha vinto 2-0), Diego non aveva più la fatica di quando ha pronunciato il nome del figlio nello spogliatoio. Aveva avuto ragione, ma ci ha tenuto a ribadire: gioca se si allena bene, con lui gioca chi corre. Chi non corre, no. Anzi: “Quando abbiamo deciso che sarebbe rimasto con noi in questa stagione, gli è stato subito chiaro che avrebbe dovuto aiutarci. Lui ha una responsabilità e non un nome”. Ma i Simeone sono tanti e nello stesso giorno l’altro figlio, Gianluca, attaccante del Rayo Majadahonda (Segunda Federación, la quarta divisione del calcio spagnolo) è finito nei guai: accusato di aver rivolto insulti razzisti a un avversario del Guadalajara, provocando la sospensione della partita. Dice di non averlo fatto: la frase non è stata sentita dall’arbitro, ma riferita dal giocatore offeso. C’è da difendere il buon nome della dinastia, del resto.

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