La storica istituzione musicale sceglie di puntare su un giovane compositore di neanche quarant’anni, pronto per una nuova stagione al Teatro Argentina che mira a incontrare gusti diversi. Specialmente quelli dei giovani
C’è aria di cambiamento nella musica classica romana. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha comunicato pochi giorni fa che da febbraio 2025 sarà presidente Massimo Biscardi, chiudendo definitivamente l’era Dall’Ongaro. Ha già avuto inizio, invece, l’incarico di Domenico Turi all’Accademia Filarmonica Romana in qualità di direttore artistico. Compositore e didatta, Turi non ha ancora quarant’anni e si aggiunge alla lunga lista di direttori che hanno segnato la storia di questa istituzione.
“Scorrere i nomi di chi ha guidato la Filarmonica – afferma Turi – fa tremare le gambe. Sono giganti con cui non ci si può paragonare, ma che mi spingono a guardare avanti con un enorme senso di responsabilità, con la voglia di dare tutto me stesso e di far crescere la nostra Istituzione.” Alfredo Casella, Roman Vlad, Bruno Cagli e, più di recente, Enrico Dindo sono solo alcune delle personalità che hanno lasciato il segno in via Flaminia. Ora il presidente Paolo Baratta e il consiglio di amministrazione hanno puntato su un giovane, chiarendo così il nuovo percorso che si vuole intraprendere. “Sicuramente c’è un fattore anagrafico – continua il compositore – per intercettare le esigenze dei più giovani e introdurre idee fresche alla guida di una macchina complessa.”
Anni fa, essere direttore artistico significava avallare, con un nome prestigioso, la qualità della proposta culturale e renderla autorevole agli occhi del pubblico. Oggi, però, questo ruolo è cambiato radicalmente e richiede competenze diversificate. “E’ cambiato tutto – spiega Turi – oggi il direttore artistico non può essere ‘solo’ un musicista, ma deve destreggiarsi su più fronti. In Filarmonica ci occupiamo del settore educational, del rapporto con gli artisti e con le istituzioni cittadine. Bisogna saper gestire i collaboratori, definire linee di indirizzo, aprire nuove strade e guardare oltre, creando un’offerta musicale che si confronti con le tantissime (quasi sterminate) presenti in una città come Roma”. La collaborazione tra le diverse realtà musicali dell’Urbe è un tema aperto, discusso da anni ma senza evidenti risultati. “Nessuno ha la bacchetta magica, ma avviare un dialogo che preservi le peculiarità di ciascuna istituzione sarebbe auspicabile.”
Con queste premesse, stasera si inaugura la Stagione da Camera della Filarmonica al Teatro Argentina. “Iniziamo con uno spettacolo che riflette le mie idee. In scena avremo Costanza Principe (pianoforte), Paola Giannini (voce recitante), Bernat Messeguer Pérez, Adrián Pérez Ramos e Bàrbara Vidal Pascual, performer della Compagnia Du’K’to. Sarà un viaggio nelle suggestioni oniriche dell’infanzia, con musiche di Mozart, Schumann, Szymanowski e Debussy. Un mix di arti e musiche diverse, racchiuse in una sorta di scatola dei giochi tutta da esplorare.” Il cartellone mira a incontrare gusti diversi, specialmente quelli dei giovani. “Abbiamo molti under 35 abbonati, e per me è importantissimo. I ragazzi spesso evitano la musica classica perché la percepiscono come complicata e inaccessibile, ma non è così. Il problema è che a scuola, o altrove, hanno ascoltato cose sbagliate nel modo sbagliato. Esiste tantissima musica, anche contemporanea, capace di catturare il loro interesse.”
È vero, tuttavia, che proprio la musica contemporanea è un terreno insidioso, poco frequentato e carico di pregiudizi: “Questo perché alcuni compositori hanno scritto affinché la musica non fosse ascoltata. Per fortuna, il vento sta cambiando.” Nella stagione della Filarmonica ci saranno almeno due prime esecuzioni assolute e verranno riscoperti compositori dimenticati: “Proporremo musica vocale da camera, concerti per percussioni e una varietà di programmi e interpreti che sapranno far ricredere gli scettici e commuovere anche i giovani. Vedere gli occhi lucidi di un giovane a un concerto è qualcosa che mi fa venire la pelle d’oca.”