L’ennesimo venerdì nero colpisce più i lavoratori che i padroni. Cercasi creatività
L’Italia è a piedi. L’intero sistema dei trasporti su strada e su ferrovia è al collasso, un collasso sociale, economico, tecnico e ultimo, ma non per importanza, politico. Oggi è stato un incubo con lo sciopero del trasporto locale. Un grande successo, una vasta partecipazione, gongolano i sindacati. Sembrano non rendersi conto che il venerdì nero (non il primo e nemmeno l’ultimo, al contrario) non ha colpito le aziende, ma gli altri lavoratori. Il costo di quel che sta succedendo ricade in modo pesante e diffuso sulla crescita del paese oltre che sulla sua reputazione. Lo sciopero è un diritto che, così come è fatto nei servizi pubblici, va contro un altro diritto, quello al lavoro e non scalfisce minimamente i “padroni” che in questo caso sono le aziende municipalizzate le quali non fanno altro che aggiungere debito a debito; lo stesso vale a quanto pare per il governo.
In attesa dello scioperone Cgil-Uil del prossimo 29, torniamo indietro di qualche giorno. Con una decisione improvvisa i sindacati hanno bloccato i treni martedì scorso 5 novembre dalle 9 alle 17, in realtà per l’intera giornata. Le stazioni si sono trasformate in disperate sale d’attesa, per lo più un’inutile attesa. Il motivo della protesta era fondato? Lo era. Un ferroviere è stato aggredito, accoltellato gravemente e barbaramente sul treno regionale tra Genova e Busalla. “L’ennesima aggressione” hanno dichiarato i sindacati e la sicurezza sul lavoro è sempre una priorità nell’interesse anche degli utenti. Ma perché decidere all’ultimo momento, violando la norma e la prassi di informare con un preavviso minimo di dieci giorni, come dice la legge. Il delitto è stato commesso dai viaggiatori? E allora perché far cadere su di loro il castigo? Erano fondate anche le ragioni dello sciopero di oggi, il contratto di lavoro va rinnovato, le paghe vanno adeguate, così come tutti gli altri diritti e benefici sindacali. Ma anche in questo caso vale la stessa domanda: il castigo non colpisce chi è dalla parte del torto, ma tutti i cittadini che, invece, stanno dalla parte della ragione e potrebbero stare perfino dalla parte dei sindacati se non fossero i sindacati stessi a considerarli nemici o, quanto meno, a ignorare le loro esigenze. Il ministero dei trasporti pubblica nel suo sito l’elenco di tutti gli scioperi nazionali e locali. Questo mese di novembre è infernale. Trasporti locali: a parte oggi, si fermano il 18 a Napoli, il 19 a Palermo, il 29 in tutta Italia. Le ferrovie: Trenitalia in Campania oggi e domani quando a Firenze si ferma la rete locale; 13 sono a rischio le infrastrutture della intera rete; 14 i servizi di pulizia a Roma; il 24 e 25 Trenitalia in Piemonte e Valle d’Aosta. Aerei: lunedì Milano Linate, martedì l’intero sud, poi di nuovo il 29. Ma i gironi infernali per chi viaggia non sono finiti qui. Da giovedì scorso a domenica compresa, lavori sulla rete nella zona di Settebagni bloccano di fatto i treni lungo la linea Napoli-Milano. Moltissimi convogli sono aboliti, molti altri non garantiti. Tutti viaggiano sui binari tradizionali almeno fino a Firenze e oltre. Chi riesce a trovare un posto, da Napoli impiegherà sei ore se tutto va bene. Abbiamo ancora fresco il ricordo di che cosa è successo ad agosto quando per lavori di manutenzione e aggiornamento l’intera alta velocità è stata bloccata. I lavori andavano fatti? Certo, come per le vertenze sindacali, ci sono buone e valide ragioni. Quel che non è valido è far pagare un prezzo tanto salato ai viaggiatori e solo a loro.
Non resta che rassegnarsi? Nient’affatto. Il governo nel suo insieme dovrebbe mettere il ministro dei trasporti alias Matteo Salvini di fronte alle proprie responsabilità politiche. Come è possibile lavarsi le mani di quella che è diventata ormai una vera e propria emergenza trasporti a livello nazionale? Quanto ai sindacati, forse dovrebbero studiare la loro storia, tirando fuori dai manuali un mezzo di lotta in apparenza paradossale, ma che spesso è stato efficace: lo sciopero a rovescio usato nel secondo dopoguerra. Cominciò nelle campagne si estese anche alle città: i lavoratori si sostituirono agli enti pubblici inadempienti, ripararono strade, fogne, acquedotti, scuole. La fantasia sindacale potrebbe adattarli anche ai trasporti, trovando il pieno sostegno dei viaggiatori e degli altri lavoratori. Governo, municipi, aziende allora sì che sarebbero sul banco degli imputati.