Draghi: “L’Europa dovrà negoziare con Trump. Ma non sarà necessariamente negativo”

“Siamo troppo piccoli, da soli non si va da nessuna parte”, dice l’ex premier italiano che considera il “debito comune europeo indispensabile, ma non la prima cosa”. E sull’aumento della spesa per la difesa: “Possibile spendere il 2 per cento del pil rispettando il patto di stabilità”

“Le indicazioni del rapporto sulla competitività sono già urgenti, data la situazione economica in cui siamo oggi. Sono diventate ancora più urgenti dopo le elezioni negli Stati Uniti”. Lo ha dichiarato ai giornalisti Mario Draghi arrivando alla riunione straordinaria del Consiglio informale europeo di Budapest, in cui sarà protagonista proprio il rapporto sulla competitività dell’Europa da lui presentato a settembre. “Non c’è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa”, sottolinea l’ex premier: “Ma non necessariamente tutto in senso negativo, certamente noi dovremmo prenderne atto”.

È ancora troppo presto per prevedere quali conseguenze produrrà l’esito delle presidenziali americane, “ma una cosa sembra più sicura delle altre, e cioè che Trump darà grande impulso ulteriore al settore tecnologico, al cosiddetto high tech, in cui noi siamo già molto indietro”, nonostante sia un fattore “trainante della produttività”. La differenza in termini di produttività tra Usa e Europa è già molto ampia, “e quindi dovremo negoziare con l’alleato americano, con uno spirito unitario – ha aggiunto Draghi – in maniera tale da proteggere anche i nostri produttori europei”. Di fronte ai grandi cambiamenti in vista, l’ex capo della Banca centrale europea ritiene che l’Europa non possa più rimandare le decisioni più importanti: “Come abbiamo visto in tutti questi anni si sono posposte tante decisioni importanti perché aspettavamo il consenso. Il consenso non è arrivato, sono arrivate solo uno sviluppo più basso, una crescita minore e oggi una stagnazione”.

Draghi ha quindi affrontato il tema del debito europeo, “necessario per alcuni progetti di comune interesse, ed è previsto che per questi progetti vi sia finanziamento comune, un esempio sono le interconnessioni nel campo dell’energia”. Ma, ha specificato, l’ex banchiere citando il suo rapporto, “ci sono moltissime altre decisioni che si possono prendere senza affrontare immediatamente il problema del finanziamento pubblico“. Per Draghi, quindi, il debito comune è “indispensabile, ma non la prima cosa”.

Quanto all’aumento della spesa per la difesa, l’ex primo ministro italiano reputa “possibile spendere il 2 per cento del pil rispettando il patto di stabilità”, obiettivo indicato nella giornata di ieri dal ministro della Difesa Guido Crosetto ma giudicato dal titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti come “molto ambizioso e non del tutto compatibile” con l’azione italiana nel quadro delle nuove regole di bilancio.




In ogni caso, prosegue Draghi, la discussione sulla difesa comune non dipende solo dal fattore economico: “Bisognerà prendere tutta una serie di decisioni anche se è inutile dire se è possibile o meno, si tratta di decidere che cosa fare. Poi viene l’aspetto dei soldi”. In conclusione, Draghi si augura che di fronte a tutti questi cambiamenti, l’Europa riesca a fare gruppo e consolidare le proprie intenzioni, invece di andare in ordine sparso: “Siamo troppo piccoli, non si va da nessuna parte”.

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