Contro l’Antieuropa di Trump servirebbe un Antitrump in Europa

Le crisi politiche e le pulsioni antagoniste non fanno ben sperare: il riequilibrio dei rapporti di scambio con il protezionismo tariffario colpirebbe prima di tutto la Germania già in crisi, poi l’Italia

Kissinger si lamentava perché non esisteva un numero di telefono per chiamare l’Europa. Trump quel numero non lo chiamerebbe mai, preferisce l’elenco telefonico paese per paese, cioè i rapporti bilaterali ovvero il divide et impera. Il nuovo presidente degli Stati Uniti non è un leader atlantico, ha minacciato di lasciare i paesi Nato d’Europa alla mercé di chiunque voglia offenderli se non si decideranno a elevare e parecchio la spesa impegnata nella difesa comune; e ha strizzato l’occhio alla prospettiva di ritirare truppe e sistemi di armamento per rimpiazzare i quali il costo per la Ue sarebbe di 500 miliardi di euro. Biden si era fatto del neoatlantismo un punto di orgoglio politico e aveva definito come nucleo di una strategia nazionale la reinvenzione della coalizione euroamericana per contrastare l’aggressività di Putin in Ucraina, Trump dice di voler perseguire una pace fondata sui rapporti di forza dati, dunque a spese del paese invaso e della sua integrità politica e territoriale.

Il riequilibrio dei rapporti di scambio con il protezionismo tariffario colpirebbe prima di tutto la Germania già in crisi, poi l’Italia, che è molto esposta alla tutela dei mercati americani verso cui esporta, e attraverso di esse l’intero mercato unico della Ue, con il suo posto che si farebbe ancora più precario nella globalizzazione già in tremende difficoltà. Difesa sicurezza commercio politiche climatiche: il nuovo capo americano è l’Antieuropa, almeno sulla carta e con la riserva di saggiare quanta flessibilità pragmatica possa contenere nell’esercizio del potere reale la rivoluzione promessa dell’America first. Trump emerge come signore incontrastato del sistema politico su cui comincia a regnare da gennaio 2025 ma è pur sempre alla testa di una coalizione di interessi molteplici e, specie nella difesa e nel commercio, esiste una legge della reciprocità di cui dovrà tenere conto nelle sue decisioni non di facciata, altra cosa dalle sparate elettorali. Il vero problema non sta nella sua forza e nei suoi eventuali limiti ma nella debolezza dell’interlocutore europeo.

Il primo Trump si confrontava con una Europa molto diversa da quella di ora. Macron in ascesa e la Merkel stabile e mediatrice, quando nei rapporti con Russia e Cina il commercio era un elemento di equilibrio, rivelatosi precario alla luce del revanscismo putiniano, erano alla guida di un’alleanza del nucleo franco-tedesco capace di garantire un rapporto relativamente bilanciato con le mattane del boss nazionalista e delle sue tentazioni isolazioniste, sottolineate dalla sua completa adesione alla Brexit che lo precedette di pochi mesi con il referendum del giugno del 2016. Di tutto questo non resta che l’ombra, visto il declino del macronismo e la crisi tedesca, con la strisciante riproposizione, che procede però a ondate massicce, dei meccanismi patologicamente populisti in molti paesi dell’Unione. A difesa e commercio bisogna quindi aggiungere la guerra culturale. Una vittoria nelle proporzioni viste il 5 novembre, con quella caratura carismatica e quell’estensione dall’esecutivo al legislativo al giudiziario, implica quasi naturalmente un’inclinazione espansiva: il trumpismo erige muri ma il trumpismo in un paese solo non esiste.

In fondo battendo i democratici sul punto della politica estera atlantica e di resistenza a Putin, e infierendo sul loro wokismo dei campus e delle ideologie diffuse, Trump ha battuto l’essenza dirittista, giuridicista, moralista di gran parte del modo di essere europeo. E l’Europa contiene pulsioni antagoniste al progetto originario e alla sua evoluzione successiva che al vincitore del momento si connettono esplicitamente o implicitamente. Si apre una stagione di conflittualità non solo finanziaria o tariffaria e non solo imperniata su sicurezza collettiva e clima. Se Trump è l’Antieuropa, per definizione il modo di procedere e di identificarsi dell’Europa sarebbe l’Antitrump. Sarebbe.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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