Con la nuova elezione del tycoon repubblicano riemergono i dubbi riguardo all’approccio della sua amministrazione alle sfide scientifiche e sanitarie globali. È un’occasione per riflettere su quanto la ricerca influenzi la politica americana. Un dibattito che riguarda il futuro e la nostra sicurezza
Donald Trump è stato appena rieletto come 47° presidente degli Stati Uniti, e il suo rapporto – diciamo “complicato” – con la scienza torna al centro del dibattito globale. Durante la sua precedente amministrazione (2017-2021), le politiche di Trump in campo scientifico e ambientale hanno sollevato polemiche senza precedenti, spesso basate su una divergenza profonda tra le sue convinzioni e le evidenze fornite dalla comunità scientifica.
Uno degli esempi più emblematici della frattura tra Trump e la scienza è stato il suo atteggiamento verso il cambiamento climatico. Fin dalla sua prima campagna elettorale nel 2016, Trump ha ripetutamente descritto il riscaldamento globale come una “bufala”, sostenendo che la questione fosse una creazione dei rivali economici internazionali, in particolare della Cina, per danneggiare l’industria americana. Questa posizione negazionista si è tradotta in una serie di azioni concrete, tra cui il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi nel 2017. Secondo Trump, l’Accordo penalizzava l’economia statunitense, imponendo limiti e regolamentazioni che avrebbero ridotto la competitività dell’industria americana. A parte il clima, più in generale le politiche ambientali di Trump hanno allarmato molti scienziati e ambientalisti. L’amministrazione ha ridotto o eliminato una serie di regolamentazioni introdotte per proteggere l’ambiente, come quelle relative alle emissioni di metano e al controllo dell’inquinamento da parte delle industrie petrolifere e del carbone. L’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (Epa) ha subito tagli significativi e ha vissuto un periodo di grande incertezza, con numerosi dirigenti nominati da Trump provenienti dall’industria dei combustibili fossili, alimentando dubbi sull’imparzialità delle politiche ambientali.
Il rapporto tra Trump e la scienza è stato ulteriormente complicato dalla gestione della pandemia di Covid-19. La crisi sanitaria globale ha esacerbato la tensione tra l’amministrazione e la comunità scientifica. Nonostante Trump abbia supportato l’operazione “warp speed” per lo sviluppo dei vaccini contro Sars-Cov-2, egli ha anche adottato un atteggiamento minimizzante, sostenendo che il virus sarebbe scomparso rapidamente e criticando pubblicamente i consigli degli esperti di salute pubblica. Durante le conferenze stampa, ha per esempio spesso contraddetto esperti del calibro di Anthony Fauci, e ha diffuso informazioni non supportate da evidenze scientifiche. Tutti ricordano come abbia suggerito che l’idrossiclorochina fosse un trattamento efficace contro il virus, nonostante gli studi scientifici non confermassero questa tesi. Uno degli episodi più controversi è stato il suo suggerimento di iniettare disinfettanti per “pulire” il corpo dal virus, una dichiarazione che ha suscitato indignazione tra i professionisti della salute e ha costretto i produttori di disinfettanti a emettere avvertimenti pubblici.
È naturale, dunque, che con la recente rielezione di Trump nel 2024, ci si chieda quale sarà l’approccio della sua amministrazione alle sfide scientifiche e sanitarie globali. La comunità scientifica teme che le politiche ambientali possano essere ulteriormente indebolite e che la risposta alle future emergenze sanitarie possa soffrire di un approccio simile a quello adottato durante la pandemia di Covid-19, soprattutto considerato il suo favore per le posizioni di uno dei guru della disinformazione globale sui vaccini, Robert Kennedy Jr. L’elezione di Trump rappresenta un momento cruciale per riflettere sul ruolo della scienza nella politica americana. La sua precedente amministrazione ha mostrato una volta di più quanto sia vulnerabile la scienza alle influenze politiche e quanto sia cruciale per una democrazia moderna mantenere l’integrità e l’indipendenza delle istituzioni scientifiche.
La discussione non è solo politica: è un dibattito che riguarda il futuro della sostenibilità globale e la capacità della scienza di proteggere l’umanità dalle crisi imminenti. Come ha sottolineato Carl Sagan nel suo articolo “Why We Need to Understand Science”, pubblicato in Skeptical Inquirer nel 1990, lì avanzata della sfiducia nella scienza e dell’ignoranza nella società americana – e in occidente in generale – minaccia il nostro benessere economico, la nostra sicurezza e la stessa democrazia. L’umanità può e deve fare di meglio che rincorrere la cialtronata più fragorosa del momento.