L’allerta di Reagan sui demagoghi che sventolano dazi e bandiera

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Il campo da golf largo.

Giuseppe De Filippi



Al direttore – L’America ai piedi di un gangster politico, la viltà dell’Europa con l’autocrazia moscovita, la Germania orientale in mano a forze neonaziste, l’antisemitismo dilagante in occidente, il governo israeliano ostaggio degli ultraortodossi: la democrazia liberale è malata, e anch’io non mi sento molto bene. Poscritto: chi scrive non intende partecipare alle lezioni dei profeti del giorno dopo sul voto negli Stati Uniti. So bene che Trump non nasce dal nulla. Ma oggi comprendere è quasi giustificare, come diceva Primo Levi. Significa occultare le responsabilità di chi doveva e non ha saputo, o non ha voluto, opporsi con coraggio al corso degli eventi. “L’America non sarà mai distrutta dall’esterno. Se cadiamo e perdiamo le nostre libertà, sarà perché ci siamo distrutti da soli” (Abraham Lincoln).

Michele Magno

Rilancio con una deliziosa frase di Ronald Reagan pescata da Luciano Capone. Anno 1988: “Dovremmo stare attenti ai demagoghi pronti a dichiarare una guerra commerciale contro i nostri amici, indebolendo la nostra economia, la nostra sicurezza nazionale e l’intero mondo libero, il tutto mentre sventolano cinicamente la bandiera americana”. Here we are.


Al direttore – Il 5 novembre scorso il Consiglio regionale della Campania, una delle quattro regioni che hanno proposto ricorso in via principale contro la legge Calderoli, ha approvato una legge per differenziare il “sistema d’elezione” del presidente della giunta in ossequio puramente formale al principio fondamentale di derivazione statale che prevede il limite dei due mandati. Al di là dell’evidente retrogusto putiniano dell’operazione (ma, per non fare torto a nessuno, potremmo citare anche l’Algeria di Bouteflika), non serve ricordare che la materia elettorale non rientra nemmeno tra quelle che le regioni possono richiedere in via esclusiva ai sensi dell’art. 116.3 Cost. sulla cd. autonomia differenziata. Il solito chiagni e fotti.

Giovanni Boggero, Università degli Studi di Torino


Al direttore – La vittoria di Trump è la dimostrazione che senza Italia viva non si va da nessuna parte.

Marcello Junio Clerici


Al direttore – Lo sbigottimento per il trionfo di Trump ripropone ancora e ancora lo stupore e l’amarezza della sinistra per l’avanzare di una destra incolta, fascistoide, senza qualità che comunque vince nonostante il disprezzo e la logica valoriale degli oppositori. Il tema però non è la caduta dei buoni princìpi incarnati dalla sinistra internazionale bensì il mutamento umano delle masse immerse nel presente che con naturale adesione si stanno incanalando nella società del piacere che non è solo l’individualismo tipico del capitalismo bensì la volontà manifesta delle persone a nutrire le proprie sensazioni libere da norme. Si dirà che sempre la pulsione intima del godimento si è contrapposta alle regole politiche e filosofiche che vogliono l’uomo morale, epperò il dilagante fenomeno di questo impero dei sensi vincente ha come radice la contraddizione palese di cui soffrono le sinistre. Quale giustizia, quale pace, quale uguaglianza può ritagliarsi il capitalismo se non una debolissima socialdemocrazia all’acqua di rose? E’ mai esistita una forma di governo riferibile al socialismo che abbia controllato mercati, industria, finanza se non umiliando o sacrificando un sistema di per sé irrefrenabile e destinato alla morte se compresso? E questa morte quanto declino imporrebbe al mondo? Elon Musk con la sua vita smisurata e senza controllo impersona perfettamente l’uomo amorale e super tecnologizzato che non si pone limiti nella produzione e nella fantasia delle scienze innovative. Il nero o il latino non vogliono più appartenere a classi ben etichettate e tenute insieme a mo’ di aureola alla sinistra calcificata in una lunghissima catacomba senza luce dove ogni nicchia e anfratto sono solennemente dedicati a un purissimo fioretto socialista che costituisce archeologia dell’èra precapitalista. Si parla da anni della nostra sinistra salottiera e chic che un po’ gode del proprio esistere, un po’ sbanda nel radicalismo, un po’ si inventa formule che non risolvono mai la questione principale: la povertà. Ora e sempre la gente d’America ha trovato una risposta diversa alla questione: godete della libertà e forse troverete maggiore soddisfazione personale. Gli americani che sono brutali e realisti credono nelle verità incontrovertibili poiché le stelle sopra di loro le conquista Musk e la legge morale è esclusivamente dentro di loro in forma di compassione privata, o giustizia fai da te. Smantellare questo esercito di speranzosi gaudenti che ha invaso il nuovo mondo e la vecchia Europa è di fatto impossibile. Abbiamo già vissuto in questi anni di guerra in Ucraina l’imbarazzo teorico nel gridare quanto Putin fosse il male in nome del pacifismo cantato e fiorito che esclude la nettezza di una scelta sul principio sacrosanto della inviolabilità di un territorio. Ora se Trump smetterà di dare armi all’Ucraina la nostra Europa dovrà soccombere di fronte allo zar? O mettersi l’elmetto e combattere russi e nordcoreani? Quali sono i valori militanti senza più i soffici e impalpabili balbettii di una sinistra che si è fasciata nella bandiera palestinese in nome di due popoli di cui uno, Israele, subisce da anni missili per il sol fatto di esistere? Cosa manca allora dopo il pensiero marxista, che in verità visti i numeri in campo non può più proporre se non in linea teorica la lotta del proletariato, per combattere arroganza e dominio del capitalismo? Servirebbe un Dio collettivo come quello cristiano che praticasse le buone maniere per tutte le classi sociali introducendo con forza passiva norme praticate ovunque di rispetto, amore, tolleranza. Agli americani, però, Dio piace solo nei comizi; in casa solo l’Impero dei sensi.

Lina Carpinteri

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