Con Zelensky a Budapest si tiene la sessione di autostima dell’Ue

I leader dell’Unione europea, ospiti di Orbán, cercano di darsi coraggio e dimostrarsi forti di fronte ai rischi posti dalla vittoria di Trump negli Stati Uniti. Il monito del presidente ucraino

Bruxelles. I leader dell’Unione europea cercano di darsi coraggio e convincersi di essere sufficientemente forti per prendere il loro destino in mano di fronte ai rischi posti dall’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti. E’ questa la linea sostenuta da gran parte dei capi di stato e di governo durante la due giorni di vertici in corso a Budapest, ospitati dal più trumpiano degli europei, il premier ungherese Viktor Orbán. “Il nostro ruolo non è commentare le elezioni di Trump, se è cosa buona oppure no”, ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, suonando la carica della sovranità europea per una potenziale rottura delle relazioni transatlantiche. “La domanda è se noi siamo pronti a difendere gli interessi degli europei”, ha insistito Macron: “Vogliamo leggere la storia scritta da altri? O vogliamo scrivere la storia? Abbiamo la forza per scriverla. Le nostre economie sono forti. I nostri paesi hanno forze di difesa sofisticate. L’Ue sono 440 milioni di abitanti, la Comunità politica europea 700 milioni di abitanti. Se si decide di avere coscienza di ciò che rappresentiamo economicamente e geopoliticamente, questa è una potenza inaudita”, ha detto Macron. Di fronte agli Stati Uniti e la Cina, l’Europa può essere “una potenza geopolitica senza pari”. Secondo Macron, “il mondo è fatto di erbivori e di carnivori. Se si decide di restare erbivori, i carnivori ci mangeranno. Penso che almeno non sarebbe male essere degli onnivori”.

L’atmosfera non era delle migliori al vertice della Comunità politica europea di oggi, che oltre agli Stati membri dell’Ue accoglie i leader degli altri paesi di un’Europa geografica allargata fino alla Turchia e all’Azerbaigian. Con un’eccezione: Orbán, grande cerimoniere, al centro della scena, che si è permesso un discorso da statista in apertura e ha voluto offrire champagne durante la cena per la vittoria del suo alleato Trump. Domani si prosegue con il Consiglio europeo informale, a cui parteciperà Mario Draghi per discutere con i leader del suo rapporto. I capi di stato e di governo risponderanno con la dichiarazione di Budapest: un documento per lanciare il Nuovo patto sulla competitività europea, con dodici priorità si cui lavorare, ma senza chiarezza su come finanziarle. Il messaggio precotto risuonato oggi è sempre lo stesso: l’Europa è forte anche da sola, basta che se ne renda conto. Durante il Covid e la crisi energetica seguita all’invasione russa dell’Ucraina “abbiamo dimostrato che l’Unione può assumersi responsabilità restando unita”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen: “Il futuro dell’Europa è nelle nostre mani. Ora dobbiamo agire”. Quello del Consiglio europeo, Charles Michel, le ha fatto eco. “Sappiamo cosa si deve fare. Facciamolo”. Ma di fronte a Trump molti analisti sono convinti che l’Ue si frammenterà, con singoli leader che andranno a negoziare accordi bilaterali. I ventisette sono divisi sulla possibilità di creare nuovi strumenti di debito comune per finanziare il patto sulla competitività o il rafforzamento della difesa. Poi c’è l’Ucraina, su cui nessuno oggi si è sbilanciato. L’Ue è in grado di sostenerla senza gli Stati Uniti? La risposta di Orbán è “no”.

Non ci stiamo difendendo dalle parole russe, ma dagli attacchi russi. Pertanto, abbiamo bisogno di armi sufficienti, non di sostegno a negoziati”, ha avvertito il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky: “Gli abbracci con Putin non aiuteranno”. Zelensky ha ribadito che il solo concetto efficace e realista è “la pace attraverso la forza”. Ha anche rigettato l’idea della “finlandizzazione” – lo status di paese neutrale, tornato in auge come soluzione al conflitto – perché “più si è vicini alla Russia, più debole diventa il concetto di neutralità”. L’Ucraina chiede di entrare nella Nato. Michel ha promesso di restare al fianco di Kyiv. I leader dei paesi nordici e baltici hanno sottolineato quanto sia importante rafforzare la difesa dell’Ue, ma soprattutto aiutare l’Ucraina. Oltre a Orbán, altri leader sono molto meno combattivi di un tempo. Eppure la vittoria o la sconfitta della Russia determinerà con la prova dei fatti la capacità dell’Ue di prendere il suo destino in mano, almeno tanto quanto Trump. “Il sistema europeo basato sui valori e sulle regole sarà in qualche modo deciso nel conflitto” in Ucraina, ha avvertito il premier estone, Kristen Michal, in un’intervista a Bloomberg.

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