L’unico messaggio dello spot del governo è: se sei un evasore fiscale, non ostentarlo

La campagna, più che da un governo di persone adulte, sembra fatta da un bambino di cinque anni, per quanto è superficiale e fuorviante: il problema dell’evasione non è chi paga il conto al ristorante

Avete presente la nuova campagna del governo contro l’evasione fiscale? Per chi non avesse ancora visto il video, agevolo io con una descrizione: ci sta un tizio che entra al ristorante (un tipo un po’ cafone: giacca sulla t-shirt su cui campeggia collanina d’oro, pacca sulla spalla al cameriere, portafogli sbattuto sul tavolo; ma che stranamente ha scelto per pranzare – è giorno – uno di quei ristoranti un po’ “attovagliati”, da pranzo della domenica in quartiere notarile, non esattamente il genere di locale che si abbina a uno così) che la voce fuori campo addita subito come “un evasore”.

Veniamo poi edotti della sua ordinazione: una dozzina di ostriche, tagliolini al tartufo (“uno bello grande” specifica la voce onnisciente: ma perché, in quel ristorante i tagliolini li servono con sopra il tartufo intero e non a scaglie???) e ben due aragoste; il tutto abbinato con lo champagne, “il più caro, ovviamente”. Più che uno spot contro l’evasione, sembra una campagna del ministero della Salute contro gli eccessi alimentari – di quel tizio, più che la dichiarazione dei redditi, sarei interessato a conoscere trigliceridi e transaminasi. “Tanto non paga lui”, ci tiene a far sapere la voce (deve essere il famoso “bonifico parlante”), “paghi tu!”, dice il tizio, indicando un altro cliente seduto a un tavolo accanto, uno in giacca e cravatta, insomma la classica persona perbene, allibita e vittima del sistema.

Stacco, esterno notte, ingresso di un’abitazione privata: l’evasore apre la porta (nel frattempo è al telefono: chissà se con il suo commercialista o con il suo nutrizionista) e fuori sull’uscio trova ad attenderlo una retata della Guardia di finanza come neanche a Cortina ai tempi del governo Monti. “Da oggi la bella vita è finita”, sentenzia la voce, mentre sullo schermo appare il timbro “BECCATO” scritto in maiuscolo. Secondo questo spot, il bravo contribuente è tutto sommato una persona felice (è a tavola con altre tre persone) al contrario dell’evasore, che pranza da solo – lasciategli almeno la compagnia dello champagne, povero diavolo. Ma quanto è sociologicamente vera questa descrizione? L’evasore è realmente un trentenne single? Ma soprattutto, chi ci dice che sia un evasore? Da quando in un paese liberale e garantista le sentenze le fa una voce fuori campo? Lasciamo che la Finanza faccia il suo accertamento; magari quel tizio si può permettere le ostriche e i tartufi perché la casa è della nonna – il portone da cui lo vediamo uscire è piuttosto vecchiotto – e al ristorante ci va a piedi, non ha una macchina apposta per risparmiare – nello spot non ci sono autovetture. Mentre il “bravo cittadino”, chi ci dice che sia in regola con il fisco? O magari lo è, però poi una volta a casa picchia la moglie e abusa della figlia, chissà; vatti a fidare dei contribuenti. Ma soprattutto, quel ristorante farà lo scontrino?

La campagna più che da un governo di persone adulte sembra fatta da un bambino di cinque anni, per quanto è superficiale e fuorviante: il problema dell’evasione non è chi paga il conto al ristorante, ma strade e ospedali e stipendi pubblici. E l’unico messaggio che passa è il seguente: se evadi, non ostentare. Se sei un evasore, mangia a casa. Al massimo in trattoria; e non ordinare le ostriche con lo champagne, ma bruschetta al pomodoro e vino della casa. A quel punto il governo non ti farà niente, anzi, ti offre lui il caffè e l’amaro. E se vuoi il dolce, c’è il concordato della casa. Se paghi in contanti e non con la carta, c’è anche lo sconto.

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