I due centri sono riusciti a sostenere la “trasformazione strutturale” sul mercato, conseguenza della competizione asiatica (Cina innanzitutto) e del cambiamento dirompente che la mobilità sta attraversando
Michelin, primo produttore mondiale di pneumatici chiude due impianti in Francia a Cholet e Vannes e 1.254 lavoratori perderanno il loro attuale impiego. Non sarà un taglio immediato, ma solo nei primi mesi del 2026, e il gruppo francese, in linea con la propria politica sociale, farà ricorso a prepensionamenti o a ricollocazione del personale. I due impianti non sono riusciti a sostenere la “trasformazione strutturale” sul mercato degli pneumatici conseguenza della competizione asiatica (Cina innanzitutto) e del cambiamento dirompente che la mobilità sta attraversando. L’azienda spiega che il mercato si sta dividendo in due grandi fasce: da una parte la mobilità per ragioni di lavoro per la quale c’è bisogno di veicoli commerciali, dal furgoncino al van al grande tir; dall’altra la mobilità nelle aree metropolitane. Nel primo mercato il motore endotermico resta dominante e le vetture hanno bisogno di pneumatici adeguati. L’altro è sempre più egemonizzato dalla motorizzazione elettrica totale o parziale. La crisi anche nella Michelin s’annida proprio in questo secondo segmento produttivo e negli pneumatici premium che vedono competere molti colossi: oltre a Michelin, Bridgestone, Goodyear, Dunlop, Pirelli, i nuovi produttori cinesi, Continental (il gruppo tedesco ha già annunciato anch’esso tagli di personale).
Il terremoto che scuote l’automotive sta ricadendo su tutta la filiera e non risparmia nemmeno Bosch numero uno al mondo nella componentistica che ridurrà altri 1.500 posti di lavoro in Germania, dopo i 7 mila già decisi. PwC scrive che nel terzo trimestre di quest’anno quattro veicoli su dieci venduti nel mondo sono elettrificati (ibrido compreso) e nei primi cinque mercati europei hanno raggiunto il 56% delle nuove immatricolazioni. Dazi e tariffe faranno del male solo ai produttori europei e americani. Un eventuale rinvio del motore endotermico oltre il 2035 (cavallo di battaglia della destra in tutta Europa) potrà allungare i tempi, ma non fermare l’onda. Ci sono forti somiglianze con quel che accadde negli anni ’80 alla industria pesante, alla siderurgia, alla chimica di base. Allora l’Europa varò il piano Davignon che favorì il salto tecnologico verso acciai speciali e nuovi materiali, oggi non c’è nessun piano auto.