Elly Schlein e i suoi sostenitori nel partito regionale preferiscono rischiare di perdere contro il centrodestra piuttosto che accettare obtorto collo la volontà del governatore della Campania
Anche dopo il voto della regione Campania che permette a Vincenzo De Luca di candidarsi per un terzo mandato di presidente, la segreteria del Pd ha insistito, con un comunicato dai toni burocratici, a negare che il partito possa appoggiarlo nella prossima campagna elettorale. Insomma Elly Schlein e i suoi sostenitori nel partito regionale preferiscono rischiare di perdere la regione piuttosto che accettare obtorto collo la volontà di De Luca. La decisione di non fare deroghe, questa volta, allo Statuto non è la sola o la principale ragione di questa scelta densa di pericoli. E’ la personalità per così dire spiccata di De Luca che non rientra negli schemi tradizionali a provocare irritazione e ostilità nella struttura organizzativa del Pd. Sono le stesse qualità che invece lo rendono tanto popolare per l’elettorato, che in una democrazia dovrebbe essere considerato almeno quanto le regolette interne.
De Luca è l’unico ad aver dato un corpo e una sostanza di consenso popolare all’unica battaglia del Pd, quella contro l’autonomia differenziata, che ha la possibilità di affermarsi. Lo ha fatto anche con attacchi piuttosto insolenti alla premier, ma ha ottenuto il risultato di una mobilitazione meridionalistica, giustificata o no che sia, ma sicuramente ampia e largamente condivisa. Il problema vero è che De Luca rappresenta un’alternativa alla guida attuale del Pd, che ha criticato in varie occasioni in modo convincente, e non certo soltanto sulla questione del terzo mandato. Forse è proprio per questo che si è colta immediatamente l’occasione per escluderlo e spingerlo alla scissione. I calcoli di questo tipo, però, hanno senso solo nella logica interna della nomenklatura di partito, ma risultano spesso controproducenti nel rapporto con l’elettorato. La lista De Luca può vincere, e questo sarebbe uno smacco pesante per il Pd, o perdere se il centrodestra sarà in grado di contrapporgli una candidatura competitiva. Anche in questo secondo caso diventerebbe un problema per il Pd nazionale, magari alleandosi con Matteo Renzi che così avrebbe quel minimo di peso elettorale che oggi gli manca. Che vinca o perda, viva De Luca.