Spogliarsi a Teheran

Sabato Ahou Daryaei, una studentessa dell’Università islamica Azad di Teheran, si è spogliata e ha passeggiato in mutande e reggiseno, con lo sguardo determinato, su e giù per il cortile dell’ateneo. Nell’arco di poche ore il video rubato della scena, girato con uno smartphone da dietro una finestra, è diventato un simbolo potentissimo di ribellione contro un regime che vuole occultare i corpi delle donne a due anni da quando Mahsa Jina Amini è stata sequestrata dalla polizia morale per il suo velo messo male e poi restituita cadavere alla sua famiglia, e da quando è nato il movimento “Jin, jiyan, azadi”: Donna, vita, libertà.

Le immagini di Ahou Daryae si sono moltiplicate sui social network, si sono mescolate ai ritratti e alle icone a fumetti del suo volto. Per molti a quel punto non era neppure più importante capire come e perché Daryaei si fosse tolta i vestiti in pubblico: la potenza di quell’immagine da sola era una risposta alle costrizioni imposte alle donne dagli ayatollah. Le regole per controllare i corpi che stanno strette a molte iraniane e combattendo contro le quali nell’autunno del 2022 tante ragazze sono state uccise, arrestate o sfigurate. Secondo due studenti universitari intervistati dal canale della Bbc in lingua persiana, Daryaei aveva problemi psicologici, aveva infastidito alcuni studenti e alcuni professori tentando di filmarli senza il loro consenso, era cominciato un litigio e lei si era spogliata urlando durante il litigio, alla fine alcune guardie l’avevano trascinata via caricandola su un’auto in malo modo. Invece secondo il collettivo studentesco Amirkabir e gli attivisti della diaspora iraniana, Daryae si è ribellata a un ordine di indossare l’hijab e il gesto di spogliarsi era una protesta esplicita contro l’imposizione del velo.

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