Il valore sociale della devozione di Santa Rosalia è rappresentato dalla celebrazione che il capoluogo siciliano ha organizzato per l’anno giubilare rosaliano, in occasione del quarto centenario del rinvenimento delle sue spoglie mortali sul Monte Pellegrino
Sono stato cacciato da un paradiso, come posso io darne notizia?”, annotava nei suoi versi malinconici il poeta arabo-siculo dell’anno mille, Ibn Hamdis, costretto ad abbandonare la Sicilia dopo l’arrivo dei conquistatori Normanni: “Vuote le mani, ma pieni gli occhi del ricordo di lei”. Palermo era un’oasi rigogliosa, ricca d’acqua e di profumi, un paradiso terrestre incastonato tra montagne e mare. Tutto svanito. La Conca d’oro, un tempo ricca di agrumi odorosi, è rimasta senza i gelsomini che stordivano di felicità Ibn Hamdis e senza zagare, cancellate dalla speculazione edilizia e dalla siccità. Ma Palermo non si arrende e ricopre il suo deserto di nuovi fiori: sono le icone di santa Rosalia, patrona della città; sono le Rosalie devozionali che sbocciano nelle chiese, che campeggiano nei murales, che ornano le scuole, che rivivono nei racconti dei maestri pupari, che invadono i quartieri popolari, che danzano nei cortei e danno forza e colore alle rivendicazioni dei disperati dello Sperone, costretti a fronteggiare, giorno e notte, i monatti della nuova peste: la droga. “Santuzza, liberaci tu”, implorano le madri del quartiere ormai controllato dagli spacciatori. “Viva Palermo e santa Rosalia”, ripetono i fedeli da un capo all’altro della città, aspettando il grande miracolo della salvezza.
Il capoluogo siciliano quest’anno celebra l’anno giubilare rosaliano per il quarto centenario del rinvenimento delle spoglie mortali di santa Rosalia sul Monte Pellegrino, il 15 luglio del 1624. Il ritrovamento, avvenuto in una grotta dove la nobile normanna si era ritirata in eremitaggio nel XII secolo, segnò la liberazione di Palermo dal flagello della peste. L’associazione tra la santificazione di Rosalia e la fine dell’epidemia richiama il legame tra eventi catastrofici e la necessità di trovare conforto e salvezza nella fede, come nell’opera di Manzoni in cui l’autore descrive carestie e pestilenze. In entrambi i contesti emergono tensioni sociali e la richiesta di un intervento salvifico per riportare la pace nella comunità. Con una serie di appuntamenti culturali che raccontano il rinnovato bisogno di spiritualità in una città complessa e ricca di contrasti, il culto di Rosalia torna a fiorire nei luoghi simbolici e attraverso nuove espressioni artistiche, legando passato e presente in un dialogo che unisce fede, arte e comunità.
Il Festino di luglio dedicato alla patrona è divenuto negli anni un grande evento cittadino, caratterizzato dalla sfilata del carro trionfale, musica e spettacolari fuochi d’artificio, in cui l’anima popolare e identitaria della città si riappropria dei suoi spazi in un tripudio di suoni e colori. Le celebrazioni del “dies natalis” di Rosalia, il 4 settembre, a commemorare la data della sua morte e della “nascita alla vita eterna” hanno mantenuto, invece, un carattere devozionale meno spettacolare con il rito “dell’acchianata”, pellegrinaggio al santuario sul Sacro Monte.
Uno dei momenti più suggestivi di queste celebrazioni artistiche autunnali rivolte alla patrona è il disvelamento dell’opera creata dall’artista rumeno di fama internazionale, Adrian Ghenie, per la cappella a lei dedicata all’interno della chiesa di santa Ninfa ai Crociferi. La nuova rappresentazione di santa Rosalia di Ghenie, è stata immediatamente denominata “la Rosalia del popolo”. “Abbiamo passato un anno a parlare con Adrian di come sarebbe Rosalia oggi, quali i suoi vestiti, quale taglio di capelli e ancora quale sguardo potrebbe avere e quale luogo avrebbe scelto per vivere da eremita. Adrian voleva rappresentarla come una giovane donna indipendente, contemporanea, con una forte spiritualità”, spiega Alessandra Borghese curatrice del progetto e presidente della Fondazione Ghenie Chapels – Mecenatismo per l’Arte, “il nostro desiderio era omaggiare Rosalia, riportare alla luce una Santuzza dei nostri giorni, sottratta all’iconografia degli archivi e rivitalizzata grazie al tratto inconfondibile di Ghenie per vivere tra noi e con noi”. La nuova cappella di santa Rosalia è aperta su via Maqueda, una delle arterie del centro storico cittadino. Si tratta della terza cappella restaurata e riaperta al pubblico, un altro luogo restituito alla città con un intervento artistico contemporaneo progettato e realizzato da Adrian Ghenie con la cura di Alessandra Borghese, in un sodalizio raro oggi nel mondo dell’arte, in collaborazione con padre Giuseppe Bucaro, direttore dell’ufficio Beni culturali dell’arcidiocesi di Palermo. Ghenie ha già realizzato due grandi pale d’altare per le cappelle ai lati dell’altare principale della chiesa della Madonna della Mazza, sempre sulla stessa via Maqueda, dedicate ai nuovi martiri della chiesa. “La Crocifissione” che riprende le immagini della cronaca di crocifissioni di cristiani, ancora oggi perpetrate in medio oriente, e “Il martirio del beato Pino Puglisi”, ucciso dalla mafia nel 1993. La riapertura della chiesa della Madonna della Mazza nel giugno 2022, abbandonata e chiusa per circa quarant’anni, ha segnato la nascita della Fondazione Ghenie Chapels e oggi, questa storica chiesa, è regolarmente aperta al pubblico e vi si può ammirare anche l’antica quadreria con opere seicentesche dello Zoppo di Gangi.
Viene utilizzato il linguaggio dell’arte contemporanea per questi interventi che restituiscono al culto luoghi sacri dimenticati, offrendo un’alternativa di elevato valore culturale alla crescente omologazione gastronomico-consumistica del centro storico. La scelta di Palermo per la realizzazione di questi progetti non è casuale. Alessandra Borghese ha trovato a Palermo un terreno fertile per poter instaurare un dialogo tra passato e presente proponendo un modello di sviluppo radicato nella valorizzazione dell’arte e della spiritualità. “L’obiettivo della nostra Fondazione”, spiega Borghese, “oltre a mantenere e valorizzare il patrimonio artistico delle cappelle, è quello di costruire bellezza attraverso l’esperienza, promuovendo occasioni di confronto e scambio culturale. L’ideazione, installazione e custodia è un’operazione volta a favorire un meccanismo virtuoso di promozione dell’arte contemporanea e tutela dell’arte antica. Una visione che costituisce una tradizione secolare nella committenza delle grandi famiglie italiane”.
La Rosalia di Ghenie rivoluziona l’iconografia classica ispirata alla tradizione, in particolare quella legata alla rappresentazione idealizzata della santa da parte del pittore fiammingo van Dyck e dei suoi epigoni. La presenta non più come una figura idealizzata ma acquista le sembianze di una ragazza contemporanea che non ha grandi occhi celesti in estasi ma palpebre chiuse e gonfie di pianto per le sofferenze dell’umanità odierna. Restano alcuni simboli iconografici tradizionali come il teschio, memento mori, immancabile nell’iconografia della santa, segno della meditazione sulla morte. Ghenie aggiunge dei dettagli attuali come una mascherina chirurgica, che richiama la recente pandemia ed anche i mali della società come droga, prostituzione, mafia. Rosalia veste abiti comodi, semplici, come felpa, leggings e ciabatte da mare. “Forse per questo l’opera è stata ribattezzata la ‘Rosalia del popolo’, perché si crea un immediato rapporto diretto e spontaneo tra la santa e la comunità; una relazione che non ha bisogno di alcun protocollo”, aggiunge Alessandra Borghese. Sullo sfondo si intravedono le gru del porto di Palermo, immerse in un paesaggio notturno, illuminato da una grande super luna simbolo di energia cosmica, di fertilità che sconfigge la morte, come nell’iconografia dell’Immacolata, mentre il pianto della santa si trasforma in una preghiera per la città. L’apertura di questo spazio invita lo spettatore a riflettere su un tema attuale: l’arte contemporanea può ancora essere un mezzo di preghiera e spiritualità? Il dipinto di Ghenie dimostra che il sacro può ancora essere riletto e attualizzato.
Nella vicina chiesa del SS. Salvatore, un altro tassello di questo percorso spirituale si ricompone grazie al restauro dell’affresco che ha riportato alla luce una delle immagini settecentesche della santa, di autore ancora ignoto, riaccendendo il legame tra la devozione popolare e l’arte religiosa. I lavori, voluti dal rettore, monsignor Tulipano, affidati allo studio Kéramos di Francesco Bertolino ed eseguiti da Andrea Vasile, hanno riportato l’affresco al suo antico splendore. “La superficie era gravemente danneggiata dalle infiltrazioni d’acqua, ma siamo riusciti a far emergere la vecchia policromia”, ha dichiarato Bertolino. L’immagine, ora di nuovo visibile, raffigura la santa in abiti basiliani, una veste rossa coperta da un manto azzurro e rafforza la leggenda che la lega all’ex convento attiguo alla chiesa dove prese i voti.
Le diverse iniziative non si limitano agli spazi liturgici ma si estendono alle istituzioni culturali e ai quartieri periferici, dove la comunità trova punti di dialogo attraverso la creatività.
“Rosalia400” è il progetto della Fondazione Sicilia con la direzione artistica di Laura Barreca, che ha incluso la mostra “Le estasi di santa Rosalia. Antoon van Dyck, Mattia Preti, Luca Giordano”, il progetto espositivo dedicato al Festino, con un’installazione sonora di un racconto inedito scritto e narrato da Dacia Maraini, allestito nell’ex Monte dei pegni detto dei “panni vecchi”, e un originale spettacolo teatrale del Maestro Mimmo Cuticchio con oltre cento pupi mette in scena la storia della Santuzza. Dopo “Diva Rosalia” nelle collezioni di Palazzo Abatellis, la Galleria d’arte moderna presenta il concorso fotografico “Palermo rifiorisce con Santa Rosalia”, e Riso – Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia ospita un’installazione di Claire Fontaine, una performance di “pittura sonora” di Igor Scalisi Palminteri e Angelo Sicurella, infine una mostra fotografica di Melo Minnella. Quest’ultima, dedicata al “festinello” di vicolo Brugnò, davanti alla cattedrale dove, da circa trent’anni, le famiglie allestiscono spontaneamente altari e simboli dedicati alla santa e le piccole Rosalie, colte negli scatti di Minnella, sono oggi le nonne che aiutano le nipoti a portare avanti questa tradizione.
Nei mesi scorsi, uno dei più famosi carri trionfali di santa Rosalia, realizzato nel 2007 dall’artista greco Jannis Kounellis, maestro dell’Arte povera, è stato restaurato ed è tornato a sfilare per le strade, nel quartiere dello Sperone, una delle aree più problematiche della città, nota, purtroppo, per lo spaccio di crack. Al seguito del carro, 400 bambine e bambini della scuola Pertini, in un corteo intitolato “Le Rosalie ribelli”, organizzato dall’associazione L’arte di crescere. Come il Festino, questa processione laica di bambine e bambini con indosso le loro coroncine dei talenti e dei desideri, ha previsto una serie di stazioni dove sono state messe in scena storie di quartiere contro la droga, la mafia, la cementificazione selvaggia, e altri flagelli locali contemporanei, per terminare sotto il nuovo murale realizzato dall’artista Giulio Rosk sulla facciata di un edificio dell’Istituto autonomo per le case popolari. Rosk ha dipinto una monumentale santa Rosalia con accanto una bambina che si tura il naso, citazione del dettaglio che si riferisce alla peste nella tela di van Dyck conservata all’Oratorio del SS. Rosario, che qui diventa rifiuto e “ribellione” contro la “puzza” della droga, dell’immondizia, dello sfacelo.
L’iniziativa, promossa dall’Associazione amici dei musei siciliani, in collaborazione con il comune di Palermo e con il sostegno della dirigente scolastica Antonella Di Bartolo, restituisce alla città un’importante opera d’arte pubblica, realizzata da Kounellis: una grande barca simile a quelle dei “tonnaroti”, i pescatori siciliani, arricchita da una vela scintillante di cristalli Swarovski. Questo carro è stato abbandonato per 17 anni nel parco di Villa Giulia, in stato di degrado e la sua storia dimenticata. Bernardo Tortorici, presidente degli Amici dei musei siciliani, afferma: “Riportare in vita il carro di Kounellis e affidarlo al quartiere dello Sperone è un’azione di profondo valore etico, culturale e sociale. Etico, perché restituisce al carro il suo valore devozionale; culturale, perché si tratta di un’opera unica di un grande maestro dell’arte contemporanea; sociale, perché sarà affidato alla cura dei bambini della scuola Pertini dello Sperone, con la speranza che possa alimentare una ribellione positiva”. Lo spazio pubblico così viene messo in dialogo con le istituzioni rappresentate dal Museo Riso, che conserva in collezione un’opera monumentale dell’artista greco, “nell’ottica dell’accessibilità alla cultura e del collegamento in continuità fra luoghi del quotidiano”, afferma Evelina De Castro direttrice di Riso, “Santa Rosalia diviene simbolo del valore pubblico dell’arte contemporanea, accessibile dal museo alle strade di quartiere” e sembra essere la risposta alla ricerca di un sacro rinnovato, che emerge non solo nelle chiese ma tra le vie di Palermo: una figura in cui credere, esempio del “prendersi cura”, guida spirituale in un mondo che ha sempre più sete di significato.