Interlagos incorona Verstappen: talento e nervi saldi per un’impresa memorabile

In Brasile, con una rimonta epica dalla 17ª posizione, il pilota olandese chiude 133 giorni di digiuno, superando una gara caotica e battendo rivali come Norris. A Las Vegas basterà una vittoria per il quarto titolo iridato

Signore e signori: in piedi. E neanche per poco tempo. In piedi ad applaudire Max Verstappen. Sulla pista dove conta il pilota, sulla pista dove c’è la “S” di Senna, sulla pista dove nel 2016 si illuminò in un duello indimenticabile con Rosberg… a Interlagos Max Verstappen ha chiuso una traversata del deserto lunga 133 giorni. Aveva vinto a Barcellona il 23 giugno. Dieci gare di astinenza, dieci gare a domandarsi se quel missile che per tante gare gli aveva garantito di stracciare tutti si fosse trasformato in un’utilitaria. Giornate a sentirsi dire che le Mc Laren avrebbero recuperato tutto il gap e che Norris lo avrebbe preso ad Abu Dhabi all’ultima gara. E invece se non accadranno fatti al momento non prevedibili tipo uno o due incidenti con zero punti nelle prossime tre gare (tante ne rimangono alla fine della stagione) l’olandese vincerà il suo quarto Mondiale piloti consecutivo. Quella di Interlagos è stata una prestazione pazzesca, chiuso sotto la bandiera a scacchi partendo dalla piazzola numero 17 dopo aver cambiato la power unit e pagato in qualifica un dazio alla sfortuna. Lando Norris? Disintegrato. L’inglese partiva dalla pole ma ormai non fa più notizia il fatto che lui se sta davanti a tutti non riesce praticamente mai a capitalizzare in gara quel che di buono fa in qualifica. Anche in Brasile un sacco di errori, a partire da quello al semaforo verde che ha dato la testa della gara a Russell. Da lì in poi la gara è impazzita, con tanti incidenti, tante safety car e una bandiera rossa con rientro per tutti ai box. In tutto questo Norris è riuscito a perdere posizioni non riuscendo a tenere in pista la sua Mc Laren alle ripartenze, suo vero tallone d’Achille. Intanto Verstappen metteva tutti in fila con una serie impressionante di giri veloci e nessun errore. Gli altri, prima o dopo, andavano lunghi, si giravano, perdevano la macchina. Lui mai. Un metronomo come guidasse in scioltezza. Verstappen ha 61 punti di vantaggio su Norris in classifica ma oltre al merito, gigantesco, dell’olandese pesa l’insipienza dell’inglese, incapace di mettere a terra la indubbia superiorità della sua auto. Ed allora in un’era tecnologica spinta all’inverosimile ecco che torna a pesare e ad essere decisivo il “capitale umano”. Quel contributo che nessuna intelligenza artificiale riuscirà mai a surrogare del tutto. Quel che ha fatto Verstappen a Rio ridà alla centralità del pilota quel ruolo fondamentale che troppe volte è stato messo in discussione. Il resto sono “peanuts”. La Ferrari ha perso due soli punti sulla Mc Laren nonostante una sola auto al traguardo (bravo Leclerc). Applausi all’Alpine che in una gara pazza ha messo due auto sul podio facendo un bottino di 33 punti in un solo colpo. Ora ci si rivede a Las Vegas tra 20 giorni. Se Verstappen arriverà davanti a Norris sarà campione con due gare di anticipo. Cosa che dopo Interlagos merita ampiamente.

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