Dalla conversazione con Paola Peduzzi, il giudizio sul miliardario: “Elon Musk è forse l’uomo più spregevole della terra, è il primo supercattivo della vita reale”. Sull’occidente, è la “nostra way of life a essere sotto attacco”
Della lunga conversazione di Paola Peduzzi con il prescritto Leon Wieseltier, vorrei preservare, a futura memoria, tre brani. Il primo su Elon Musk, che ormai mi sembra il più smagliante esemplare dell’Uomo nuovo. Le multinazionali avevano surclassato gli Stati, Musk ha surclassato le multinazionali. Donald Trump è il suo proxy-man alla Casa Bianca. (Mi scuso, vedo sul dizionario Oxford che, a parte l’app windows, Proxy-man ha una sola ricorrenza letteraria, nel 1696: ma mi piace). In un solo dettaglio dissento dal ritratto che Wieseltier fa di Musk: dice che non è affatto idiota. Forse non lo è, ma certo lo è. Ecco dunque:
“Elon Musk è forse l’uomo più spregevole della terra, è il primo supercattivo della vita reale. E’ un uomo senza inibizioni e con una quantità esorbitante di potere, rappresenta il vero pericolo di una concentrazione estrema di denaro in un unico individuo, e dico ‘concentrazione estrema’ perché non ho nulla contro le persone ricche, ma Elon Musk pensa, e lo dice lui stesso, che le regole politiche, le regole etiche, le lezioni della storia per lui non valgono. Il danno che farà alla società americana eccede di molto i benefici dei suoi dannati razzi nello spazio. Musk è davvero un villain, un supercattivo, che non ha precedenti: è un nuovo fenomeno nella storia del male”.
Il secondo brano che trascrivo è questo: “L’occidente non capisce che non potrà godersi l’ordine liberale – e con godersi non intendo un cappuccino in un bar in una bella piazza, ma i suoi benefici e i suoi diritti – senza la volontà di mettere il proprio potere a protezione del proprio modo di vivere, perché è questa nostra way of life a essere sotto attacco”. In questo caso, più che concordare con l’assunto, con cui pure concordo, ne estraggo, senza limitazioni, la definizione della vita universale per la quale vale la pena di dare la vita: un cappuccino in un bar in una bella piazza.
Il terzo e ultimo brano: “Gli americani votano nell’ignoranza, come se il voto fosse l’espressione di un’emozione e non di un ragionamento informato, come se il diritto di voto fosse l’unica cosa che conta nel voto”. Il voto è, nello sgretolamento dell’idea e delle pratiche della democrazia (fino al cuore, il cappuccino e la piazza) l’ultimo filo cui appigliarsi, mentre manipolazioni e brogli ne svuotano il senso, e perfino l’astensione rinuncia a motivarsi. Il diritto di voto che diventa l’unica cosa che conta nel voto, dunque nella rinuncia a votare senza nemmeno porsi più il problema.