La famosa dichiarazione di Mussolini con cui annunciò che l’Italia avrebbe affiancato la Germania hitleriana nella sua guerra contro Francia e Inghilterra, il peggio del ventennio fascista
Delle tante immagini oscene del ventennio in cui il fascismo ebbe in mano l’Italia e che sono arrivate fino a noi, ai miei occhi la più sconcertante è l’immagine (dovuta a un cinegiornale) di Piazza Venezia giusto nel momento, il 10 giugno 1940, in cui Benito Mussolini ha appena lanciato dal fatidico balcone la sua famosa dichiarazione ad annunciare che l’Italia avrebbe affiancato la Germania hitleriana nella sua guerra contro Francia e Inghilterra. Ed è come se in quella piazza, fitta di gente fino all’ultimo centimetro quadro di selciato, esplodesse una gioia illimitata, un entusiasmo del domani quale accade rarissimamente nella storia di una nazione. Come se quella dichiarazione fosse l’annuncio di qualcosa di gaudioso che il nostro paese intravedeva come un sogno.
E’ il tempo che sta al centro di questo quarto e prezioso volume (Antonio Scurati, L’ora del destino, Bompiani, 2024) della lunga biografia che Scurati sta dedicando da anni a Mussolini e al mussolinismo, quel tempo che funge da asse dello scomparto il più atroce della storia italiana del secolo scorso. Uno scomparto atroce fin dal suo momento iniziale. Stavamo dichiarando guerra a una Francia che era stata nostra alleata nella Prima guerra mondiale e che adesso le armate tedesche avevano già messo in ginocchio. E con tutto ciò, lì dove la Francia meridionale confina con il nostro Piemonte, in quei pochi giorni di combattimenti che precedettero l’armistizio non riuscimmo a fare un passo in avanti. Una stasi militare che pagammo a un duro prezzo, dato che in quei pochi giorni di combattimenti durati fino 22 giugno 1940, il giorno dell’armistizio tra Germania e Francia, gli italiani ebbero 642 morti, 2.631 feriti, 2.151 congelati, 616 dispersi, laddove i francesi che contro di noi impegnavano le loro poche forze non utilizzate nello scontro con la Germania ebbero in tutto 37 morti e 84 feriti. Sempre mi sono chiesto quale sia stato l’animo dei padri, delle madri, dei fratelli i cui congiunti erano morti nel giugno 1940 mentre avanzavano nel nulla e combattevano per il nulla. Mi chiedo che cosa ci sia scritto sulle croci che marcano le loro tombe.
Sì, è stata la nostra vergogna nazionale. E’ da quello scroscio di mani che applaudono freneticamente e di voci che ritmano la presunta grandezza politico-militare dell’Italia mussoliniana che discende una sequela di eventi umilianti per il nostro paese e per la nostra gente. Pur di accreditarci quali valorosi alleati delle armate tedesche, ci buttiamo a pesce in una guerricciola contro un paese minore, la Grecia, e le prendiamo di santa ragione. La buona parte della nostra flotta, destinata a dominare il Mare Mediterraneo e dunque tutti i suoi attraversamenti civili e militari, viene semidistrutta dagli aerosiluranti inglesi mentre se ne stava a sonnecchiare nel porto di Taranto e senza che gli inglesi quell’episodio lo pagassero con una sola scalfittura dei loro mezzi armati. Quanto alle battaglie nell’Africa occidentale dov’era il meglio delle nostre colonie, troppo diseguale è il rapporto tra le forze corazzate inglesi e le “scatole per sardine” da come i nostri stessi soldati chiamavano i carri armati italiani. In un suo libro famoso, un asso dell’aviazione inglese denomina spregiativamente i nostri aerei e i nostri aviatori, e dire che erano stati degli aerei e degli aviatori italiani a compiere quell’attraversata dell’Atlantico in onore della quale a tutt’oggi un viale della città di Chicago porta il nome di Italo Balbo. Sul suo diario in data 12 e 15 novembre 1940, Joseph Goebbels annotava così: “Nessun progresso in Grecia. Roma, fidandosi troppo della pressione diplomatica ha preparato l’intera operazione con molta fiacca. L’Italia è ormai completamente sulla difensiva. La situazione, ora, deve essere considerata molto grave dal punto di vista militare. Ed è anche un problema di cruciale importanza per noi. Vergogna, vergogna!”. Non meno amaro per noi quel che Erwin Rommel, il capo delle forze tedesche che si battono nell’Africa occidentale, annota in marzo-giugno 1941: “I rapporti con gli italiani sono buoni: i soldati italiani sono ottimi, pazienti, resistenti, coraggiosi ma mal comandati e peggio armati”. Mal comandati e peggio armati, questa era la verità di un paese che per vent’anni non si era risparmiato nulla in fatto di sbruffonerie sulla sua potenza militare.
E ancora deve venire il meglio, sotto forma di un imminente attacco frontale italo-tedesco contro le sconfinate steppe russe, un attacco che Hitler nutre da sempre ma di cui mai ha fatto cenno ai suoi alleati italiani. L’attacco comincia il 22 giugno del 1941 e ha proporzioni gigantesche. Tra tedeschi e russi sono in campo 400 divisioni. E’ un appuntamento cui Mussolini non vuole mancare e difatti ne mette in campo due di divisioni che dalla campagna di Russia verranno distrutte. Ma c’è ancora un passo da fare in direzione dell’orrore assoluto. In base a un accordo detto “tripartito”, Germania, Italia e Giappone si sono impegnati a venire in soccorso militare l’uno dell’altro ove uno dei tre paesi venisse aggredito militarmente. Ebbene dopo l’attacco a Pearl Harbor – dove ad aggredire è stato il Giappone e dove dunque non ne viene alcun obbligo di soccorso da parte dei suoi alleati – l’11 dicembre 1941 Mussolini si affaccia dal famigerato balcone e dichiara guerra nientemeno che agli Stati Uniti, un paese di cui evidentemente ignora la potenza industriale e militare. E’ l’orlo del burrone in cui l’Italia sta per precipitare. Peggio di così vent’anni di regime fascista non avrebbero potuto fare.