Nel futuro di Milano ci sono università internazionali, ma per ora solo Bocconi e Poli lo sono davvero

Nei due atenei milanesi si concentra la maggiore presenza di studenti stranieri. Un risultato guidato dall’offerta formativa e dal prestigio in ascesa, che stimola un atteggiamento attento alle diversità e all’integrazione, oltre ad arricchire il lato professionale e lavorativo

Un buon test per verificare il tasso di internazionalità di Milano è la presenza degli studenti stranieri nelle università. Sono meno di 20 mila su una popolazione studentesca di 215 mila, poco più del 7 per cento: non molti se confrontati a realtà come Londra e Parigi, non pochi se si pensa che sono in continuo aumento. Altro dato da tenere conto è che la distribuzione negli otto atenei è diseguale, accanto a quelli che stanno raggiungendo buoni risultati ce ne sono due che si possono considerare a tutti gli effetti internazionali.

Stiamo parlando della Bocconi e del Politecnico che, in questa speciale classifica, svettano su tutti gli altri. La prima, in particolare, su un totale di 15 mila iscritti conta il 28 per cento proveniente dall’estero, quasi uno su tre. I paesi più rappresentati sono India, Francia, Cina, Turchia e Germania e, a scendere, tutto il resto del mondo. Da segnalare che dall’India arriva oltre il 4 per cento degli studenti. Chiara Fumagalli, prorettrice per le lauree triennali, spiega al Foglio che le politiche di apertura a chi viene dall’estero sono una necessità dettata anche dai recenti flussi demografici: “C’è un calo che interessa in modo particolare l’Italia di fronte al quale ci troviamo preparati, perché fin dagli anni ’90 abbiamo reso questo ateneo adeguato agli stranieri. La loro presenza ci rende più aperti, stimola un atteggiamento attento alle diversità, induce a una maggiore tolleranza: è un arricchimento sotto il profilo professionale e lavorativo”. Il livello di integrazione di questi giovani è buono ma può crescere: “La convivenza nel campus è senza problemi, non è un aspetto da trascurare se consideriamo che abbiamo 100 nazionalità diverse: un aiuto arriva dalla città che presenta un carattere internazionale che contribuisce all’inserimento nell’università. Il problema più ostico cui ci troviamo di fronte sono le residenze, poco più di 2 mila su 15 mila: è un tema su cui bisogna lavorare molto”. Quanto alla possibilità di trattenere gli economisti in erba, Fumagalli non offre certezze: “Si valuta cosa offre il mercato e si decide”.



L’altra università con una marcata percentuale straniera è il Politecnico con 8.173 studenti non italiani su 48.546 totali, che raggiunge il 30 per cento nelle lauree magistrali con arrivi da 131 paesi (i primi cinque sono Cina, Iran, Turchia, India, Egitto). Anche per Stefano Ronchi, delegato della rettrice alla didattica, la sfida in corso è come affrontare il crollo demografico: “E’ il tema che riguarda non solo Milano ma tutto il paese che dovrà mantenere livelli elevati di Pil nonostante la diminuzione dei giovani. Il Politecnico ha fatto la scelta di diventare internazionale 20 anni fa con i primi corsi in inglese, oggi riusciamo a intercettare dall’estero per tre motivi: il prestigio sempre crescente certificato dai rating, la capacità di offrire lavoro a chiunque completi gli studi e la sempre maggiore importanza che stanno acquisendo materie come l’IA, l’automazione e l’informatica, per cui noi siamo percepiti come l’università del futuro”. A differenza della Bocconi il rapporto con i laureati è più stretto: “Più della metà degli studenti stranieri trova lavoro qui, crea una famiglia, offre un contributo al sistema in termini di produttività e previdenza”.


Negli altri atenei siamo al di sotto del 10 per cento. In Bicocca sono circa 2 mila su oltre 35 mila, i più numerosi sono i romeni seguiti da cinesi e iraniani. Il corso di laurea triennale più seguito è Scienza dei servizi giuridici mentre in quello magistrale domina l’Intelligenza artificiale. Alla Statale sono 3.835 (le iscrizioni alle magistrali terminano a gennaio) su circa 59 mila, il continente più rappresentato è l’Asia con 1.969 iscritti tra cui l’Iran con 681, la Cina con 254 e la Turchia con 222. Interessante notare gli 871 dell’Unione europea. Sulla stessa linea la Cattolica dove su 5.990 immatricolati alle lauree triennali il 6,3 per cento è composto da studenti internazionali. Numeri più alti presenta la Iulm: gli immatricolati dell’anno 2024-25 sono il 9,2 per cento di 7.700, solo lo scorso anno erano il 6,8. I paesi più presenti Turchia, Romania, Ucraina, Filippine e Serbia, da segnalare che esistono accordi di doppia laurea per 6 corsi con 10 Atenei partner (Usa, UK, Australia, Irlanda, Finlandia, Francia). Quanto agli studenti, Milano resta un polo di attrazione per coloro che arrivano da paesi extraeuropei anche se non mancano fenomeni meno prevedibili come l’aumento di francesi e tedeschi al Politecnico in questo anno accademico.



Diverse sono le motivazioni che spingono in questa città, e su esse pesa ovviamente anch la qualitòà di vita, come spiega la 19enne georgiana Caterina Apkhazava, che studia alla Iulm: “Mi hanno conquisto la cultura e la positività della gente, in particolare ho scelto Milano perché offre molte opportunità. E’ una città cara ma ho trovato una sistemazione vicino alla facoltà, i miei progetti sono di restare qui, imparare bene l’italiano e lavorare nella comunicazione”. Intenzioni che non coincidono con il bocconiano Matteo Hamesse, belga di 23 anni: “Questa è un’università di qualità, importante per la mia formazione. Mi trovo bene a Milano ma quando finirò andrò a Parigi”.

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