Archiviato l’incubo con la Germania, la stella dell’allenatore tedesco torna a splendere in Spagna puntando sui nuovi fenomeni senza paura di pensionare gli anziani, nonostante la forte pressione che circonda la squadra
A volte ritornano. Quando meno te lo aspetti riecco il Barcellona che nel giro di cinque giorni prende a pallate il Bayern e il Real. Vince e gioca bene. C’è ancora vita dopo Guardiola. Il merito è dei ragazzacci della cantera, ma anche se non soprattutto di Hansi Flick, il tecnico sopravvissuto all’affondamento della Nazionale tedesca. Lo guardavano con scetticismo, adesso cominciano ad amarlo. Chi lo avrebbe detto a inizio stagione, quando la dirigenza del club catalano decise di affidare al tedesco l’inizio del dopo Xavi? Probabilmente nessuno.
Eppure i tifosi culés conoscevano bene Flick. Proprio il cinquantanovenne di Heidelberg era infatti alla guida di quel Bayern Monaco che, nella Champions League 2020, distrusse letteralmente la squadra di Messi e Suárez in una sfida valevole per i quarti di finale della massima competizione europea per club. Durante quella partita (giocata al da Luz di Lisbona, a porte chiuse, a causa della pandemia di Covid) i tedeschi si imposero sulla squadra allora allenata da Quique Setién con il roboante punteggio di 8-2. Quella edizione della Champions si sarebbe poi conclusa proprio col trionfo del Bayern di Flick.
Fu quello il primo momento in cui il tedesco finì nel mirino di Joan Laporta, che da lì a poco sarebbe tornato alla guida del Barcellona.
Così, quattro anni dopo, a conclusione del triennio condotto da Xavi, è sembrato naturale per il presidente del club catalano chiamare Flick e offrirgli la guida della squadra. Una scelta che, in verità, ha colto molti di sorpresa in Spagna. In quel momento infatti le quotazioni dell’ex allenatore del Bayern erano un po’ in ribasso all’interno del sempre fluttuante borsino degli allenatori. Sì perché, dopo l’esperienza a Monaco di Baviera, Flick nel 2021 si era guadagnato la possibilità di diventare ct della Nazionale tedesca, in sostituzione di Joachim Löw. Chi meglio di Flick (che a livello di club, oltre alla Champions 2020, col Bayern ha vinto anche due Bundesliga, una coppa di Germania, una Supercoppa tedesca, una Supercoppa europea e la Coppa del mondo per club) per prendere il posto dell’allenatore campione del mondo con la Germania nel 2014?
E invece, quello che doveva rivelarsi come un matrimonio perfetto si è trasformato in un incubo, culminato in una Germania eliminata dai Mondiali 2022 ai gironi in un raggruppamento comprendente Spagna, Costarica e Giappone. Una campagna disastrosa quella del Qatar, figlia di tutta una serie di errori che videro protagonista anche Flick: dalle difficoltà difensive evidenziate dalla Mannschaft fino all’insistenza oltre misura sui suoi fedelissimi del Bayern, a partire da Thomas Müller.
Nonostante gli esiti del torneo mondiale, la Dfb (la Federcalcio tedesca) decise di continuare con Flick in panchina. Fino a quando, il 10 settembre 2023, il giorno dopo la pesante sconfitta (1-4) subita in casa a Wolfsburg dal Giappone durante un’amichevole, la Federazione non si decise a esonerarlo. Da quel momento Flick è rimasto a casa, la sua stella ormai offuscata. Nessuno quindi si sarebbe mai immaginato che sarebbe stato ingaggiato dal Barcellona. E invece è andata proprio così.
Flick si è ritrovato catapultato in una realtà difficile, col club sempre alle prese con le note difficoltà finanziarie e in un ambiente dove non è facile lavorare, a causa della forte pressione che circonda la squadra, chiamata a rappresentare l’intera Catalogna e a dover vincere convincendo, mantenendo cioè in vita quel dna calcistico forgiato da Johan Cruijff e proseguito poi fino a Guardiola o oltre. Il tutto prendendo il posto di una ex bandiera del club come Xavi che, al di là del tumultuoso addio (con l’annunciata decisione, lo scorso gennaio, di lasciare la panchina a fine anno, per poi ritrattare e venire in seguito esonerato), aveva comunque consentito al Barça di tornare a vincere La Liga nel 2023, quattro stagioni dopo l’ultima volta (un’eternità da quelle parti).
In pochi mesi invece, pur non parlando né spagnolo né catalano, Flick non soltanto è riuscito a farsi capire da spogliatoio e ambiente, ma è riuscito anche a ricreare un Barcellona bello e vincente, in grado di segnare quattro reti (senza subirne alcuna) al Real Madrid, al Santiago Bernabéu per giunta. E lo ha fatto con poche mosse. Innanzitutto, riportando disciplina all’interno dello spogliatoio blaugrana. Poi, non curandosi di tutte quelle le voci che regolarmente vengono messe in giro dalla stampa catalana e che spesso hanno finito per minare la serenità del gruppo.
Infine, in campo, dando piena fiducia alla nuova generazione di fenomeni uscita dalla Masia, la base della cantera del Barcellona. Contro il Real ad esempio nell’undici iniziale erano presenti sei giocatori di 21 anni o meno d’età: Lamine Yamal, Marc Casadó, Pau Cubarsí, Alejandro Balde, Pedri e Fermín López.
Flick non ha avuto nessun problema ad affidarsi a loro, panchinando elementi quali Gavi, de Jong e Dani Olmo. Così come il tedesco non si è fatto problemi a confermare fra i pali Iñaki Peña. E questo nonostante il fatto che le recenti prestazioni dello spagnolo (diventato titolare dopo l’infortunio occorso a Marc-André ter Stegen) avessero spinto il club a far tornare in azione Wojciech Szczesny, che aveva da poco annunciato il ritiro dopo gli anni passati con la Juventus.
Dal punto di vista tattico inoltre Flick è stato bravo a presentare un Barcellona propositivo, tanto in fase offensiva quanto in quella difensiva. Sotto quest’ultimo aspetto ha particolarmente impressionato l’utilizzo di quella che un tempo si sarebbe definita trappola del fuorigioco. Contro il Real Madrid il Barcellona ha infatti messo in offside ben 12 volte gli avversari grazie al lavoro svolto da una linea altissima, guidata dal diciassettenne Cubarsí e dal veterano Iñigo Martínez. Un utilizzo sistematico del fuorigioco che ha ricordato quello del Milan di Arrigo Sacchi.
Certo, siamo ancora a novembre ed è difficile prevedere come proseguirà la stagione blaugrana. Di certo però Flick ha già messo a tacere le Cassandre che ne prevedevano il fallimento. Non male per un tecnico che, questa estate, era stato considerato da alcuni come non adatto al Milan (a cui era stato accostato prima dell’arrivo di Fonseca).