Roberto Fico, eterna riserva: il M5s ragiona sul profilo dell’ex presidente della Camera

Di fronte al muro dei due mandati, il nome di Fico può essere spendibile sul tavolo con Schlein (vedi la Campania). Il ruolo di garanzia, quasi da supplente del garante. La storia con pedigree nel primo Meet up napoletano da lui fondato

I tempi grami sono quelli che sono, sotto il sole flebile a Cinque Stelle. Le percentuali (basse) nell’urna ligure parlano, quelle previste per altre consultazioni (Umbria) non consolano, e l’orizzonte appare tanto più coperto da nuvole quanto più si avvicina il giorno del giudizio: 23-24 novembre, giorni di assemblea costituente del M5s e di lotta intestina tra le truppe dell’ex premier Giuseppe Conte e la falange del fondatore-garante (mezzo licenziato) Beppe Grillo. “Che fare?”, si domandano gli attivisti chiamati a schierarsi; “a chi guardare?”, è invece l’interrogativo che corre, senza grancassa, nelle rimesse a Cinque Stelle, dalle parti del Parlamento, dove gli eletti si trovano non soltanto a conteggiare il numero dei propri mandati, sperando che, come si pensa, la costituente spazzi via il limite di due, ma anche a riflettere sul fatto che – una volta eliminato o ridimensionato il ruolo del garante, fino al punto da tentare la liberazione definitiva dall’ex comico e demiurgo, intenzionato tuttavia a non farsi cancellare senza lotta – un punto di riferimento e di collegamento ci vorrà.

Magari non proprio un garante, ma una figura che garantisca a prescindere un po’ tutto: la continuità con le origini, sepolte sotto i populismi gialloverde e rossogiallo; la discontinuità rispetto ai modi istrionici di Grillo, ma nell’ambito di una vecchia consuetudine con il medesimo; infine, la capacità di adattamento alla marcia nel campo a larghezze variabili a sinistra, ma anche la presenza dei requisiti minimi per farsi percepire altro dal Pd. E insomma, in questi giorni di resa dei conti, c’è chi, tra i Cinque Stelle avviliti, ha pensato: e chi meglio dell’eterna riserva del Movimento, e cioè di Roberto Fico, già fondatore del primo Meet Up-Amici di Beppe Grillo in quel di Napoli, quasi vent’anni fa, presidente della Vigilanza Rai ai tempi dello Tsunami 2013 (quando i colleghi m5s gridavano, con Grillo, “apriremo il Parlamento come una scatola di tonno” e lui cominciava a pattinare felpato tra piazza e Palazzo) e presidente della Camera ai tempi della seconda ondata grillina (2018, albori del primo governo Conte). Non solo: Fico si era costruito anche una fama da cosiddetto “dissidente muto” dell’allora arrembante Luigi Di Maio (nel senso che la sua dissidenza nei confronti dell’ex capo politico m5s era più intuibile che udibile, a giudicare dalle poche frasi centellinate con diplomazia simil-democristiana, del tipo: “Di Maio è capo della forza politica prevista dalla legge elettorale, ma non di tutta la vita del Movimento”).

Chi meglio di lui, Fico, dunque, si pensa nelle aree un po’ nostalgiche un po’ pragmatiche del M5s, potrebbe traghettare il Movimento oltre lo scenario da scissione imminente? Fico, d’altro canto, già presidente del Comitato di garanzia del M5s, è in qualche modo supplente per definizione, legato a Grillo da un antico rapporto di stima, e però abituato a muoversi negli assetti contiani. Una volta sancita la possibilità di candidarsi per un terzo mandato, questo il ragionamento, Fico potrebbe dunque essere nome spendibile con Elly Schlein in caso si volesse ribaltare dialetticamente (e strategicamente) la frittata ligure con quella napoletana. Della serie, e al lordo della presenza ambiziosa in tema di ricandidatura, nonostante i dubbi pd, del presidente dem della regione Campania Vincenzo De Luca: cara Elly, hai visto com’è finita, in Liguria, diversamente che in Sardegna, dove il candidato lo esprimevamo noi, con Alessandra Todde? Potrebbe andare come a Cagliari anche sotto al Vesuvio, se si sceglie uno dei nostri, chissà).

E se è vero che le precedenti, acerbe candidature di Fico a presidente della Regione (nel 2010) e a sindaco di Napoli (nel 2011) non hanno raggiunto percentuali da valanga elettorale (anzi, si faticava a intravedere il 2 per cento), lo stesso Fico, per molti m5s, è colui che, nelle oscillazioni di Conte tra un polo e l’altro, ha mantenuto un’aria istituzionale (foto iconica: l’allora presidente della Camera che presiedeva il Parlamento in seduta comune per eleggere, nel gennaio del 2022, il presidente della Repubblica). Fico è ora dunque uno dei nomi che potrebbero inaugurare la stagione dei mandati di quantità indefinita senza timore di essere considerato un Toninelli che riemerge dalla seconda vita post Parlamento. Ha le buone maniere, parla di diritti come Schlein, ma ha dialogato con i cattolici dem (Graziano Delrio e Dario Franceschini), discostandosi intanto da Matteo Salvini (vedi nave Diciotti), un po’ arbitro e un po’ partigiano. Ciliegina: non si vede, ma c’è (sui social). Manca solo, per ora, e di nuovo, una voce udibile: la sua.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l’Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l’hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E’ nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.

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