“La testa ha già deciso, vediamo che dice il fisico… Il Pupone è romano, romanista, capitano della Roma, una sola maglia nella vita, perché andare ora in un’altra squadra rovinando tutto questo?”
“Mi auguro che non accada mai. Rischia di vanificare una carriera leggendaria. Mi ricorderebbe quei ritorni tristi e senza senso. Quello di George Foreman. O di Bjorn Borg, che tornò giocando con la racchetta di legno che nessuno usava più. Spero di non dover assistere a uno spettacolo simile”. L’argomento è di quelli sulla bocca di tutti in città: un possibile ritorno in campo di Francesco Totti, che ha confermato l’interesse da parte del Como. Ne parliamo con lo scrittore e grande tifoso della Roma Sandro Bonvissuto, squadra del cuore cui ha dedicato un libro di grande successo, una sorta di romanzo di formazione del tifoso giallorosso, “La gioia fa parecchio rumore” (Einaudi). Uno scrittore sui generis, che non ha lasciato il lavoro quotidiano come cameriere all’Osteria Candido, in zona Balduina. E ora è reduce dalla messa in scena di un suo monologo teatrale, “Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta”, per due settimane al Teatro India, con l’interpretazione di Valerio Aprea.
“Nel calcio Totti è stato arte pura, ma è quasi impossibile per l’uomo esserne all’altezza. Non succede quasi mai. Vorremmo tutti che i campioni dello sport parlassero come Nelson Mandela, ma non è così. Quando ha smesso di giocare dopo una carriera incredibile, ricoperto di un amore inarrivabile, ha scoperto che la vita quotidiana fa abbastanza schifo: andare alla posta, pagare le bollette, accompagnare i figli a scuola. E vorrebbe tornare a fare l’unica cosa che sa fare nella vita: giocare a pallone. Umanamente lo capisco, lo comprendo, sono indulgente con lui come lo sarei con me stesso”, afferma Bonvissuto. Il cui idolo da ragazzino, era Paulo Roberto Falcao, protagonista dello scudetto del 1983. “Falcao dal punto di vista intellettuale era un’altra cosa, di un livello superiore, ricordo una sua intervista a Mixer che lasciò tutti a bocca aperta. Ma Totti ha rappresentato da solo la metà della storia della mia squadra. Lo considero il calciatore più forte della storia del calcio italiano, insieme forse a Roberto Baggio. Come dava la palla, anche senza guardare, come liberava l’uomo, come lanciava e segnava, era talmente sfacciato da essere pornografico. Poi tutto questo nel 2017 è finito, non solo per responsabilità sua, e lui non è riuscito a vestire i panni dell’uomo qualunque. E ti resta un grande vuoto: che so fare io nella vita?”, spiega Bonvissuto. “Mi ricorda Caravaggio, che ha dipinto opere immense e poi è morto per strada da sconosciuto. Oppure Goethe, che da vecchio s’innamorò di una ragazzina, tempestandola di magnifiche lettere d’amore. La storia di Totti è letteratura, forse ci vorrebbe un grande scrittore americano per raccontarla…”.
La notizia di un ritorno in campo del pupone non è da escludere. “La testa ha già deciso, vediamo che dice il fisico…”, ha detto l’ex giocatore lasciando intendere le sue intenzioni. “Totti non è andato al Real Madrid quando ne ebbe l’occasione, nel pieno della carriera, che senso avrebbe adesso, a 48 anni, andare a prendere pallonate dai ragazzini? Oddio, a vedere il livello della Roma di oggi, tra Pellegrini e Francesco giocherebbe quest’ultimo… Però, ecco, Totti è romano, romanista, capitano della Roma, una sola maglia nella vita, perché andare ora in un’altra squadra rovinando tutto questo?”, si chiede Bonvissuto.
A proposito di campioni che hanno giocato solo in una squadra, viene in mente Gigi Riva. “L’ho visto una sera a Cagliari, era andato a mangiare in un’osteria e tornava a casa da solo, senza che nessuno per rispetto lo disturbasse. Gigante e magnifico…”, ricorda lo scrittore. “Totti è un uomo solo, andava difeso e protetto come i panda. Il padre, che lui ascoltava moltissimo, non c’è più. Non ha nemmeno più una moglie. E gli amici chissà, i veri amici si contano sulle dita di una mano, che è pure monca. Eppure spero ci sia qualcuno a lui vicino che gli dica: ‘A France’, lassa perde’”. E per il resto, la crisi della Roma? “Nel giorno dell’addio al calcio del Capitano spuntò lo striscione ‘speravo de morì prima’, adesso è ‘spero de morì’ e basta…”.