Sul Grappa dopo la vittoria

La recensione del libro di Paolo Malaguti edito da Einaudi, 159 pp., 12 euro

Noi, con le nostre case e i nostri campi, eravamo il retroscena. Il vero protagonista, il palcoscenico, era il Grappa”. E’ questo monte silenzioso, imponente, martoriato dalla Prima guerra mondiale che lo scrittore Paolo Malaguti presenta nel libro Sul Grappa dopo la vittoria, edito da Einaudi, riprendendo l’atmosfera e lo stesso periodo storico raccontato ne Il Moro della cima (Einaudi, 2022).

Lo sfondo è la guerra alle pendici del Grappa e, quando scoppia nel ’15, un bambino e la sua famiglia la accolgono come qualcosa che accade in disparte: il padre viene arruolato e il narratore-bambino insieme alla madre e ai fratelli è costretto a sfollare a Ravenna, mentre il Monte Grappa diventa teatro della difesa dopo Caporetto. Quando la guerra finisce, nulla è come prima: le famiglie rientrano a casa e così anche gli uomini, come il padre del bambino, che ritornando alla vita che non si aspettava di avere, sceglie la via del silenzio. Il protagonista guarda il suo mondo finire e cambiare, come se tutto fosse un gioco ma, anche dopo la vittoria, le tracce della guerra non svaniscono. Per volere del padre, deve salire sul Grappa per recuperare ferro, rame, piombo, cuoio, cibo, ricchezze che con beffardo senso dell’ironia del destino tutti quei soldati abbracciavano nel rigore della morte. Nessun bambino però può essere pronto allo scenario di tacita devastazione della cima: la terra è ferita, l’aria odora di morte, i corpi sfigurati giacciono senza nome. “Di fronte a quei pallidi inermi simulacri di uomini non vidi guerrieri, né eroi, ma solo vittime di un infernale marchingegno, voluto dall’uomo, che su quelle cime aveva imperversato senza tregua”. Giorno dopo giorno, il bambino esorcizza la morte e stringe un profondo legame con la sua montagna, quel monte sacro alla patria, e comprende, nel tempo, il senso di quel compito: “Solo dopo compresi, o immaginai, o sperai, che invece del sacco pieno, a mio padre interessasse che io vedessi ciò che lui non sarebbe mai stato in grado di raccontarmi. Che capissi, sporcandomi le mani, cosa avesse voluto dire la sua guerra”. Una storia di formazione e di guerra raccontata attraverso la voce e il garbo di un bambino, che proprio sulla montagna imparerà a misurarsi con la realtà e con la vita che, nonostante tutto, va avanti. Essere in grado di raccontare quello che non vedremo mai – e che non riusciamo a immaginare – è un dono prezioso, e Malaguti ce lo restituisce come una testimonianza luminosa.

Paolo Malaguti

Sul Grappa dopo la vittoria


Einaudi, 159 pp., 12 euro

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