Lo Spid per accedere ai siti porno convincerà i refrattari che ancora non ce l’hanno

Ben venga la digitalizzazione, ma usare lo Spid sia per effettuare pagamenti alla Pa sia per vedere video di sesso potrebbe generare confusione nell’utente. Tipo gente che si masturba sul proprio cassetto fiscale

La notizia è di un paio di settimane fa, ma continua ad agitare il sonno degli italiani – e ancora di più le già agitate ore di veglia. Sto parlando della notizia che l’Agcom ha approvato un nuovo regolamento per l’accertamento della maggiore età per gli accessi online riservati a chi abbia più di 18 anni – in poche parole: gioco d’azzardo e pornografia. Sì, perché si sono accorti che sul banner “Hai più di 18 anni?” i tredici/quattordicenni cliccano “sì” pur non essendo vero: minorenni sì, mica minorati. (Un po’ come i captcha che dovrebbero verificare che chi sta operando su un sito sia una persona reale e non un bot: parliamo tanto delle cose incredibili di cui sia ormai capace l’intelligenza artificiale, ma a quanto pare non la riteniamo in grado di cliccare su “Non sono un robot”).

Ma torniamo alle nuove regole proposte dall’Agcom (ora al vaglio della Commissione europea, che ha novanta giorni per eventuali rilievi prima che si passi al tavolo tecnico per l’attuazione): per provare la propria maggiore età in modo ufficiale, sui siti pornografici verrà richiesto lo Spid. Il Sistema pubblico di identità digitale. Già pronto lo slogan: “Uno Spid per lo squirt”. Alla notizia, molti refrattari o anche solo procrastinatori si sono finalmente fatti lo Spid – io stesso e di corsa, in una notte, ho provveduto. Ben venga la digitalizzazione; ma usare lo Spid sia per effettuare pagamenti alla Pubblica amministrazione sia per vedere video di sesso anale potrebbe generare un po’ di confusione nell’utente, tipo gente che si masturba sul proprio cassetto fiscale. (Specie per chi ama la categoria “granny”: sempre di Inps si tratta).

Più in generale, stiamo burocraticizzando persino le seghe. Qui il tema non è la tutela della privacy di chi teme di vedere la propria cronologia del computer sputtanata; qui si tratta di preservare un minimo di “atmosfera” (cioè di ombra, di trasgressione) a un’attività tanto naturale quanto meschina e sporcacciona, da sempre fatta “di nascosto”. L’autenticazione a due fattori sui siti porno sarebbe il colpo di grazia alle nostre già derelitte libido e moribonde fantasie sessuali – per quanto, se cerchi nel menù di Pornhub “due fattori” ti compaiono un sacco di video threesome di ambientazione rurale, con sesso bucolico nei fienili o su un trattore.

Propongo pertanto di invertire la tendenza: invece che farci fiscalizzare e formalizzare le nostre perversioni sessuali, rendiamo sexy questo linguaggio procedurale. Il porno ha reso familiari ed evocativi acronimi come Milf (Mother I’d Like to Fuck) e Bdsm (Bondage Dominazione Sadismo e Masochismo); possiamo dunque fare altrettanto con lo Spid (Sesso in Pubblico Interrazziale a Domodossola), l’Otp (Orifizi Troppo Pelosi), il Pin (Peni Irrigiditi Napoletani). La stessa Pa (Pubblica Amministrazione) potrebbe diventare Pubblica Ammucchiata – che per altro, oltre che una nuova categoria porno, potrebbe anche essere un buon sinonimo di Pubblica amministrazione. Che la nostra industria pornografica, da Rocco Siffredi a Valentina Nappi, si mobiliti dunque per creare e nutrire un nuovo immaginario porno che soddisfi le nostre identità digitali. E occhio alla password: non conta quanto è lunga ma come la sai usare, sempre che uno se la ricordi.

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