Due esempi epico-eroici che emergono dall’Iliade in calzoncini corti del tennis. Eppure qui in Italia bisogna sempre affettare la dovuta distanza dal denaro: siamo il paese in cui una star non può fissare la sua residenza a Montecarlo senza il non dovuto e un po’ penoso scandalo benpensante
Sono due che non sbagliano un colpo, o quasi. In campo e fuori. Sono Carlos Alcaraz e Jannik Sinner. Hanno quasi la stessa età. Il primo gioca in senso letterale, è giocoso oltre che gran giocatore, il secondo applica il regolamento della vittoria, l’efficacia travolgente, talvolta con un rigore ultraumano o transumano. Sono due numeri uno sia per l’Atp sia per gli intenditori professionali sia per i dilettanti appassionati. Ovviamente sono anche due industrie, con manager e fatturato. Ma quel che importa di più, sono due personalità fortissime. Lo sono e lo sono stati anche i predecessori immediati, illustrissimi e difficilissimi da emulare nel tempo, i Federer, i Nadal, i Novak Djokovic. Ma questi due si incrociano con il nostro tempo, sono in qualche modo perfino figli della pandemia, il periodo in cui sono esplosi e con i loro freschissimi vent’anni hanno rotto lo schema doloroso dell’hikikomori, del giovane che rilutta alle responsabilità della vita, si isola, non capisce il mondo o forse non desidera esserne troppo capito, sottile sentimento conradiano e melvilliano che in fondo fa onore a questa nuova generazione di Lord Jim e di Bartleby.
Uno psicoanalista che, detto con rispetto, può essere scriva un po’ troppo, e che si chiama Massimo Recalcati, chiede con enfasi di accendere il desiderio nei giovani, invito o istigazione pericolosissimo e insieme un po’ inutile. Più utile segnalare due esempi epico-eroici che emergono dall’Iliade in calzoncini corti del tennis. Per adesso, ché poi nel tempo tutto si flette se non si corrompa, ma staremo a vedere, si capisce che si allenano con l’indispensabile disciplina, che cercano di vivere con allegria il successo e con la dovuta dose di amarezza e fair play gli insuccessi (rari, per loro), e che il desiderio in questi semidei dello sport si accende con la dovuta ragionevolezza, si accompagna alla verifica del talento, più importante del talento stesso, alla buona educazione, a un misto di sfrontatezza e di riservatezza, si capisce che sanno sorridere, sdrammatizzare, incassare e combattere secondo le regole. Insomma, sono in ogni senso maestri di stile, ed è allo stile che bisognerebbe invitare, per l’apprendimento del meglio che la vita e l’arte possano offrire, i ragazzi facili e difficili dei nostri anni, che il desiderio ce l’hanno già e forse anche troppo e troppo conculcato dalla cultura del desiderio. L’ultimo colpo buono è di Alcaraz. Ma Sinner è in grado di rispondere a qualsiasi battuta di servizio, e risponderà.
Pur venendo dalla Val Pusteria, Jannik è italiano e gli tocca quel tanto di ipocrisia moraleggiante che lo ha indotto, dopo il Six Kings Slam di Riad (un milione e mezzo per partecipare, quattro e mezzo per la finale, sei milioni per la coppa, e come si vede la consulenza di Renzi, legittima, non è così opulenta come si vuol far credere), a dichiarare che “non gioca per soldi”. Cosa vera, ma detta male, lui che è di felice espressione anche nelle fantastiche pubblicità, specie quella del caffè che sembra scritta da Neil Simon. “Non solo per soldi”: sarebbe stato più appropriato.
Ed è quello che appunto, a domanda risponde, il ragazzo Hidalgo di El Palmar, dintorni di Murcia, ha detto ai giornalisti. Certo che mi diverto a giocare, certo che lo faccio per professione, ma i soldi sono importanti e in Arabia Saudita sono andato anche per i soldi, tanti, che erano in palio. E’ così, ha aggiunto, o almeno per me è così. Da noi, come dimostra anche la vicenda dell’ex allenatore della Nazionale Mancini, che è venuto via da Riad con il suo gruzzolo ma a testa bassa per incomprensioni e baruffe, bisogna sempre affettare la dovuta distanza dai soldi, e siamo il paese in cui una star non può fissare la sua residenza a Montecarlo senza il non dovuto e un po’ penoso scandalo benpensante. L’Hidalgo no, come tutti i veri signori se guadagna non lo nega e con sprezzatura ammette che gli fa piacere. Sia acceso il desiderio, o giovani, intanto di lavorare bene e guadagnare bene.