“Sugli spioni la destra fa solo panpenalismo”. Parla Franco Gabrielli (ex capo della Polizia)

“Strutture penetrabili, destra che spia destra. L’approccio del governo è sbagliato e la la Commissione di inchiesta serve solo ad alimentare la canea”. Parla l’ex prefetto, già alla guida della Polizia e di Aise e Sisde

Roma. Franco Gabrielli, queste sono le parole di Giorgia Meloni sugli spioni di Milano: “Siamo vicini all’eversione. Servono pene più severe”. Gabrielli, lei che ha diretto Sisde e Aisi, ex capo della Polizia: a Milano, siamo vicini al golpe, all’eversione? “Siamo di fronte a infrastrutture pubbliche, digitali, inaffidabili. Oltre il 90 per cento dei nostri server è penetrabile. Dire ‘pene più severe’, come sento, serve a gettare fumo negli occhi. E’ il solito approccio panpenalista”. E che approccio è? “Un approccio sbagliato. E’ l’idea, ‘tutti in carcere, buttiamo via le chiavi’. E’ una frase a effetto, di colore, per non rispondere alla vera domanda: perché siamo vulnerabili?”.



Gabrielli, le riformulo la domanda, a Milano, a via Pattari, era in atto un tentativo di golpe o è solo un’altra centrale di monnezza, una centrale, balorda, di ricatti? “Rifuggo dagli estremismi”. Golpe o mercato straccione? “Non mi piace la sottovalutazione, come non mi piace il complottismo, la ricerca del grande vecchio dell’eversione”. Cosa le piacerebbe? “Ragionare. In questo paese il dossieraggio è radicato nella storia della repubblica. Questo è purtroppo un paese dalla memoria deficitaria. Abbiamo avuto il caso Sifar, fenomeni di dossieraggio che hanno toccato il Colle più alto”. Ci dobbiamo rassegnare a essere spiati, ad avere i ladri d’anima in casa? “Immaginare che una serie di comportamenti, criminali, illegali, possano sparire, comportamenti che, ripeto, fanno parte della natura umana, non aiuta. Diverso è interrogarsi, fare in modo che i cittadini abbiano infrastrutture digitali sicure”. Nel governo Draghi lei era l’autorità delegata per i Servizi, il ruolo che ricopre oggi Alfredo Mantovano. Cosa proponeva allora il governo contro questa monnezza? “Avevamo denunciato un problema che riguardava la sicurezza dei dati. C’era un piano da sviluppare. Bisogna chiedersi, cosa ha fatto, da allora, l’agenzia per la cybersicurezza. Cosa ha fatto?”. E’ evidente che ci sono uomini dello stato che interrogano i sistemi illegalmente. I Corpi sono ancora leali allo stato? “Ci sono gli infedeli, e c’è poi approssimazione, sottovalutazione. Nell’epoca della digitalizzazione riusciamo a profilare i comportamenti più banali ma non riusciamo a stabilire chi compie l’interrogazione al sistema”. Gabrielli, lei si fida dei nostri servizi segreti? I nostri servizi sono “marci”? “I nostri servizi non sono marci”. Se non sono “marci” come stanno? “Non sono efficienti. Sono servizi che non sono messi nelle condizioni di esserlo”. Si parla da tempo di unificare Aise e Aisi, avere un servizio unico. E’ la proposta di Mantovano. E’ anche la sua? “Era la mia proposta ben prima che a proporlo fosse Mantovano”. A Milano, dove lei, è delegato alla sicurezza del Comune, su incarico del sindaco Sala, cosa si è assemblato? “Non c’è nulla di nuovo se non la capacità di esfiltrare dati e di arricchire l’offerta di quei dati per poi venderli. E’ aumentato solo il prezzo richiesto per ricevere queste informazioni”. Che “colore” ha questo spionaggio di Milano? “A quanto si legge, il master mind, la mente, apparteneva allo stesso luogo che si voleva sovvertire”. La destra? “Così si legge”. Le leggo quando ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa, su Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera, socio di Equalize, la società di investigazione che produceva dossier, un possibile candidato della destra a sindaco di Milano. Dice La Russa: “Pazzali era un amico”. Anche lei ha questo tipo di amici? “Vale sempre l’adagio. Dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio. Dalle indagini, chi profilava aveva una chiara connotazione politica, apparteneva alla stessa parte di chi era profilato”. Perché è favorevole al servizio segreto unico? “Perché il sistema attuale non rende efficiente il comparto”. C’è un regolamento di conti all’interno della destra? “Nella prima repubblica gli sconti più feroci erano sempre all’interno dello stesso partito. A Milano avviene quanto sempre accaduto. Si acquisiscono informazioni che possano avere una caduta reputazionale su quello che vivo come un competitor”. Finirà tutto con un’altra commissione d’inchiesta? “Una commissione non si nega a nessuno”. E qual è la sua esperienza? “Che si riduce a una canea. Mentre è tutto chiaro. Pulsioni umane, contesti che favoriscono. Spiare è nella natura dell’uomo”.

Carmelo Caruso

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

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