Michele Serra firmò molti anni fa un indimenticabile corsivo che stigmatizzava la “pressione danarosa e volgare” dei cubani in Florida (questi cafoni arricchiti). Oggi scrive sull’ebreo anti-Netanyahu che salva l’onore di Israele, fatto su misura delle proprie ubbie ideologiche
Giorni fa riflettevo sulle analogie tra due figure che a prima vista non hanno niente da spartire: il cubano esule a Miami e l’ebreo difensore di Israele. Entrambi sono malvisti a sinistra, per ragioni diverse ma assimilabili: il primo contravviene allo stereotipo del buon selvaggio trasfigurato in buon rivoluzionario, del povero dignitoso che mantiene la voglia di ballare anche nella miseria; il secondo contrasta invece con lo stereotipo dell’ebreo cosmopolita, perseguitato ma indistruttibile, coscienza critica eternamente errante dell’Occidente. Quando il primo vuol diventare ricco e il secondo pretende di accasarsi in uno Stato, commettono entrambi il delitto di leso bovarismo: stanno intralciando le proiezioni sentimentali, ricche di sfumature classiste e un po’ razziste, del benpensante di sinistra. Il caso ha voluto che Michele Serra, autore molti anni fa di un indimenticabile corsivo che stigmatizzava la “pressione danarosa e volgare” dei cubani in Florida (questi cafoni arricchiti), scrivesse sabato un altro corsivo, stavolta sugli ebrei anti-Netanyahu – i dieci giusti di Sodoma – che salvano l’onore di Israele sfidando la logica di una “tribù bellicosa” che ha affidato “al Levitico la propria umanità”. Serra non è certo il solo. Sono in tanti a crearsi l’immagine dell’ebreo giusto, fatto su misura delle proprie ubbie ideologiche e soprattutto estetiche, da contrapporre agli ebrei sbagliati. Come non capirli? Anzi, dovremmo chiedere al cubano sulla Rolls Royce e all’ebreo sul Merkava di scansarsi, per non disturbare la proiezione.