Chiamati a esprimersi sul ricorso di un richiedente asilo del Bangladesh, i giudici di Bologna hanno chiesto un chiarimento a quelli europei dopo il provvedimento del governo: “Gravissimo contrasto interpretativo del diritto dell’Unione”
Il tribunale di Bologna ha chiesto alla Corte di Giustizia europea un parere sul decreto dei paesi sicuri approvato dal Consiglio dei ministri il 21 ottobre scorso. Per la prima volta da quando il decreto è in vigore un richiedente asilo del Bangladesh ha presentato un ricorso perché la commissione territoriale gli ha negato la protezione. Per i giudici è la prima occasione per esprimersi sulla validità della lista stabilita nel decreto, con la quale il governo vorrebbe limitare la discrezionalità dei giudici su quali sono i paesi sicuri. Una discrezionalità che i magistrati si erano già presi in diversi casi (non solo quello dei 12 migranti che erano stati portati in Albania) dopo alla sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre. Quel giorno i giudici della Corte di Lussemburgo avevano accolto il ricorso di un cittadino moldavo della Transistria a cui era stata negata la richiesta d’asilo in Repubblica Ceca: non si può considerare un paese sicuro solo in parte.
Dopo l’approvazione del decreto paesi sicuri, il tribunale di Bologna ha chiesto alla Corte di giustizia di chiarire quali norme vanno applicate per definire il paese di provenienza di un migrante come “sicuro”. Secondo i giudici di Bologna, i criteri usati dal governo contrasterebbero con il diritto europeo e quindi questo potrebbe condurre a una disapplicazione delle norme del decreto. Nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale, è infatti scritto che in seguito ad “alcuni provvedimenti giurisdizionali” si sono manifestate delle “gravissime divergenze interpretative del diritto europeo” che occorre dissipare attraverso un chiarimento da parte della Corte di giustizia Ue
Il decreto legge adottato dal governo è stato pensato per rendere operativo l’accordo con l’Albania e per dare una normativa chiara alla magistratura. “Se l’elenco dei paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla. E ribadisco che la sentenza della Corte europea non è vincolante, e spiega che i concetti di stato non sicuro devono essere valutati caso per caso, mentre una legge è generale”, ha dichiarato il ministro della Giustizia Carlo Nordio in conferenza stampa a Palazzo Chigi presentando il provvedimento.
La lista dei paesi sicuri, tra cui rientra anche il Bangladesh, “diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto a un’interpretazione ondivaga”, ha specificato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha ribadito che “vi è il massimo rispetto da parte del governo per i giudici, ma vi sono delle competenze istituzionali. Il vaglio giurisdizionale riguarda la posizione del singolo individuo, ma l’individuazione dei paesi sicuri” spetta al governo.