Tbilisi era pronta a tutto ma non ad altra attesa

La notte georgiana tra il conteggio silenzioso, l’opposizione smarrita e Sogno georgiano che fa una festa di venti minuti

Tbilisi, dalla nostra inviata. Prima gli exit poll con un segnalo chiaro: l’opposizione insieme può governare ed è in grado di superare Sogno georgiano, il partito di governo che rimane il più votato, ma da solo non ha la maggioranza. Poi gli exit poll di Sogno georgiano che afferma di essere al 50 per cento e le pronte congratulazioni arrivate da Viktor Orban, il premier ungherese che in questi mesi con i leader di Sogno georgiano ha contrapposto il Partito globale della guerra (l’Occidente) al partito della pace (loro e Mosca).

Infine lo spoglio parallelo, quello del governo e quello dell’opposizione in cui Sogno georgiano ha continuato a crescere tanto da lasciare i partiti degli oppositori nel silenzio. La corsa ai risultati era attesa, ma l’opposizione mentre il conteggio andava avanti è sembrata troppo silenziosa, senza una strategia chiara, quasi che tra tutti gli scenari che poteva aver preso in considerazione mancasse quello di Sogno georgiano davvero attestato in posizione di vantaggio. Il governo si è proclamato vincitore dopo gli exit poll, con una festa durata poco più di venti minuti in Piazza della Libertà, l’opposizione si è chiusa nel silenzio e nell’attesa del conteggio.

Queste erano attese come le elezioni della svolta, il referendum tra l’Occidente e Mosca, tra il passato e il presente. Dopo i primi risultati il leader di Coalizione per il cambiamento, Nika Melia, ha detto al Foglio: “Abbiamo vinto contro un partito ma anche contro un sistema. I georgiani hanno punito i loro metodi, aspettavamo questo risultato, adesso siamo pronti ad affrontare i metodi di un oligarca, ma ci siamo abituati. Ivanishvili dovrà cedere”.

Tbilisi è avvolta nell’attesa, non è più la tensione degli ultimi giorni, è uno smarrimento crescente in cui tutti aspettando i commenti altrui: i cittadini aspettano l’opposizione, l’opposizione aspetta la presidente Zourabichvili, la regista della strategia contro Sogno georgiano.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull’Unione europea, scritto su carta e “a voce”. E’ autrice del podcast “Diventare Zelensky”. In libreria con “La cortina di vetro” (Mondadori)

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