Il procuratore di Prato, celebre per il suo teorema su Berlusconi mandante delle stragi, pubblica una relazione in cui risponde all’interrogazione di due deputati di FdI, sostituendosi al ministro della Giustizia. Alla faccia della separazione dei poteri
Chi pensava che nelle democrazie parlamentari dovesse essere il governo, attraverso i ministri, a rispondere alle interrogazioni di deputati o senatori sarà costretto a ricredersi. In Italia, nell’era della repubblica giudiziaria, sono direttamente i magistrati a farlo, alla faccia della separazione dei poteri. Protagonista dell’incredibile vicenda è Luca Tescaroli, da luglio capo della procura di Prato, dopo aver trascorso quasi otto anni a Firenze come procuratore aggiunto. Il nome di Tescaroli (fin dai tempi in cui era semplice sostituto a Caltanissetta) è da sempre legato a una delle indagini più surreali degli ultimi decenni: quella nei confronti di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusati di essere i mandanti esterni delle stragi di Cosa nostra nel biennio 1993-1994. L’indagine, chiusa e riaperta innumerevoli volte, è attualmente pendente alla procura di Firenze. Sarà sull’onda di questa vena fantasiosa che martedì scorso Tescaroli ha fatto pubblicare sul sito della procura di Prato una relazione di undici pagine con cui si risponde a un’interrogazione parlamentare depositata due settimane fa da due deputati di Fratelli d’Italia, la pratese Chiara La Porta e Francesco Michelotti (componente della commissione Antimafia).
Nell’interrogazione, indirizzata ai ministeri della Giustizia, quello dell’Interno e quello del Lavoro e delle Politiche sociali, i due deputati rievocano alcuni recenti eventi di cronaca e chiedono ai ministri “quali misure di competenza intendano applicare al crescente problema della criminalità cinese nel paese e in particolare nella provincia di Prato” e se “non ritengano opportuno adottare iniziative di carattere normativo affinché siano istituite sezioni distaccate della direzione distrettuale antimafia presso la procura della Repubblica di Prato”.
L’interrogazione non ha ancora ricevuto risposta dai ministri competenti, ma a farlo ci ha pensato il procuratore Tescaroli, pubblicando la relazione che sarebbe stata richiesta dal ministero della Giustizia. Nel testo il procuratore elenca tutte le vicende criminali che negli ultimi anni hanno interessato il territorio pratese, partendo da una recente aggressione subìta da alcuni operai mentre stavano effettuando un’iniziativa sindacale davanti a un’azienda locale gestita da imprenditori cinesi. “Prato e la sua provincia – scrive Tescaroli – sono caratterizzate da una complessità e da una pericolosità criminale che non sono del tutto note e non adeguatamente comprese. Complessità e pericolosità che si sono acuite nell’ultimo anno e che richiederebbero organici di magistratura e appartenenti alle forze dell’ordine ben più consistenti di quelli esistenti per contrastare tali fenomeni”. Tescaroli poi sottolinea che la procura di Prato “presenta il vuoto di un’unità rispetto alla pianta organica dei magistrati, costituita da soli nove sostituti procuratori e da un procuratore della Repubblica”.
Anziché limitarsi a fornire le informazioni sulla criminalità a Prato e sulla situazione dell’ufficio giudiziario, Tescaroli si spinge a rispondere direttamente alla proposta avanzata dai due deputati: “Sarebbe auspicabile la creazione di una direzione distrettuale antimafia in Prato o, come prospettano i deputati interroganti, di una sezione della stessa presso la procura di Prato”.
Nessuno mette in dubbio che a Prato esista un grave problema di criminalità organizzata di origine cinese, così come nessuno può negare la scarsità di risorse (anche umane) con cui la procura pratese si ritrova ad affrontare questo fenomeno. Che però sia il procuratore della Repubblica a rispondere a un’interrogazione parlamentare, al posto dei ministri competenti, risulta davvero incredibile. Anche perché l’istituzione o meno una Dda antimafia a Prato costituisce una chiara scelta di politica criminale, che spetta al governo e non certo alla magistratura.
In apertura della relazione, Tescaroli scrive che questa è stata richiesta dal ministero della Giustizia, evidentemente proprio per ottenere informazioni dalla procura e predisporre una risposta all’interrogazione. Questo avviene spesso nel caso di interrogazioni che riguardano la situazione di uffici giudiziari. Ma non è mai avvenuto che un procuratore pubblicasse questa relazione e rispondesse all’interrogazione al posto del ministro della Giustizia. Sarebbe interessante sapere se per Nordio, e in generale il governo, tutto ciò è normale.