Sorpresa! La Berlusconia è di sinistra

Lo dicevamo che alla fine nessuno era più progressista di Silvio Berlusconi. E ora con la crociatina incarognita della sinistra contro i pederasti al ministero della Cultura ne abbiamo la conferma

Berlusconia vota Harris. Berlusconia pubblica Blair e Voltaire, addirittura tradotto dall’inglese originale. Berlusconia difende i diritti civili e promuove lo ius scholae. Berlusconia contro la mercificazione del corpo femminile ma preoccupata dalle “derive repressive”. Berlusconia crea l’ecosfera berlingueriana in Mediaset e accoglie come una rifugiata politica dalla Rai la figlia di Enrico. Berlusconia promuove librerie e lettura, una Fahrenheit nel centro pulsante del commercio di lusso burino-romano (la Galleria Colonna divenuta una jeanseria). I geni creativi di Berlusconi, cioè i figli, per non parlare del mainstream confalonieriano e lettiano, per non parlare della disinvoltura lgbtqi+ di una sua celebre ex amante, la Pasionaria Pascale, sono solo apparentemente intersezionali, in realtà il ricordo genetico del caro leader si va facendo donna, compagna, si svolge come una indefinita e potenzialmente ribelle identità di genere, insomma il berlusconismo, come volevasi dimostrare, ha un’anima di sinistra. E tutto questo mentre la sinistra incarognita prende le sembianze della crociatina contro i pederasti al ministero della Cultura dal tribunale televisivo detto assurdamente “TeleMeloni”. Lo dicevamo noi, all’epoca “berlusconiani tendenza Veronica”, lo dicevamo quando era di moda parlare con indignazione del Cavaliere nero, quando il bauscia di Arcore mise in movimento forma e sostanza della politica italiana, quando le sue mattane liberali e popolari sconvolgevano gli schemi della Repubblica delle procure e delle manette nel segno della solidarietà al mondo di Craxi, quando consentì all’antifascista Bossi di esibire la sua canottiera come una bandiera popolare (altro che l’acchittato Salvini), quando indusse Fini a “uscire dalla casa del padre” (salvo entrare nell’appartamento di Montecarlo a parabola finita), quando designò Renzi, capo della sinistra, come suo successore naturale, quando voleva Giuliano Amato al Quirinale come successore di Napolitano.

Quando varò la cosa più radicale e riformatrice della storia italiana unitaria, l’alternanza di forze diverse alla guida dello stato, mai realizzata prima di lui, quando flirtava a schiovere con Marco Pannella, già divo di “Drive In”, quando piangeva per la sorte dei naufraghi dell’Albania mentre il governo dell’Ulivo difendeva la collisione con il “trabiccolo” che non stava a galla, quando se ne fotteva del ratzingerismo d’antan e condannava all’isolamento ruiniano la nostra crociata santa contro l’aborto come diritto, quando cavalleresco si metteva a rischio per salvare dalle grinfie degli sbirri del barone Scarpia la nipote di Mubarak beccata sola in strada come la piccola fiammiferaia. Berlusconi, paradossalmente ma non tanto, è l’unica esperienza di sinistra pura e dura della nostra “nazione” trasversale, il resto, dopo la fine del Pci, che era rivoluzionario e conservatore, è pura fuffa, illusionismo armocromista da salottino bene, opinionismo indignatissimo e invidiosissimo.

D’altra parte è noto che i figli sono piezz’ ’e core, le eredità non sono acqua ma sangue, e se Marina e Pier Silvio sono diventati oracoli del progressismo, un giorno in quota Adelphi, un giorno in quota Draghi, un giorno in quota Mondadori-Einaudi, se danno voce, perfino con un’esagerazione perbenista, a quanto c’è di meglio e di più elevato, elevatissimo, nel trovarobato del mondo liberal, qualcosa al di là del paradosso vorrà pur dire. Quanto alla proprietà, alla roba, al frutto del Berlusconi imprenditore, il confronto con altre eredità dimostra che valeva la pena “scendere in campo” per poteggerla, visto che non tutto finisce in lite giudiziaria, in contesa col fisco, in pasticci dinastici. Un lascito di pulizia e di progressismo, una cena elegante, questo a sorpresa (per altri, non per noi) resta del berlusconismo.

  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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