Il Dpb è prudente, ma si deve fare di più per ridurre il debito. La lezione del Portogallo

La programmazione economica per i prossimi anni non ha l’ambizione di risolvere alcuni problemi strutturali, a partire dal debito pubblico. Intanto Lisbona ha registrato un avanzo primario del 3 per cento di pil e un surplus di bilancio senza effetti negativi sulla crescita

In attesa dell’iter parlamentare, possiamo dare un primo giudizio del Documento programmatico di bilancio (Dpb). Al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, attribuiamo il merito di non aver ascoltato – quantomeno per ora – le sirene della spesa e speriamo che il ministro resista alle pressioni della sua maggioranza. Tuttavia, la programmazione economica per i prossimi anni non ha alcuna ambizione di risolvere i problemi strutturali, a partire dal debito pubblico. Insomma, il Documento programmatico di Bilancio rievoca alla nostra mente la sintesi andreottiana: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”.



Quanto scriviamo non è un giudizio definitivo poiché la manovra finanziaria è stata presentata, ma potrà subire modifiche in seguito al dibattito parlamentare. Ci limitiamo quindi all’analisi dei saldi. La buona notizia è che dopo anni di spese senza limiti (vedasi Trezzi-Capone sul Foglio del 15 Marzo 2024 “Se 500 miliardi vi sembran pochi. La grande abbuffata a debito”) il Dpb riporta buonsenso nei conti pubblici e certifica, se mai ve ne fosse bisogno, l’esistenza di un vincolo di bilancio intertemporale. L’avanzo primario è previsto in crescita: 0,1 per cento del pil nel 2024, 0,6 per cento nel 2025, 1,1 per cento nel 2026 e 1,5 per cento nel 2027, con corrispondente diminuzione del deficit che dovrebbe scendere sotto il 3 per cento nel 2026, uscendo così dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo delle Commissione europea. I mercati per ora premiano il governo, lo spread è basso, e sembrano fidarsi del ministro e della solidità della maggioranza.



Il debito pubblico purtroppo però è atteso in aumento: al 135,8 per cento nel 2024, 136,9 per cento nel 2025 e 137,8 per cento nel 2026, per poi iniziare una lenta discesa. Ovvero, sebbene la manovra rispetti i parametri del nuovo Patto di stabilità su un orizzonte lungo, non si ravvede alcuna volontà di legislatura di lasciare i conti in uno stato migliore di come sono stati trovati. Si noti che anche al netto del disastro del Superbonus in Italia non avremo un avanzo primario adeguato nemmeno nel 2025, nonostante il record assoluto di occupati. E questo è economicamente ingiustificabile. E’ importante ricordare ai lettori da dove veniamo. La sospensione del Patto di stabilità e crescita dal 2020 ha portato l’Italia ad avere dei deficit primari 2021-2023 molto maggiori della media europea. Aggiustati per il ciclo sono stati rispettivamente del 4,5 per cento, 5,3 per cento e 4,5 per cento. La grande abbuffata, appunto. E’ veramente incredibile (e al limite del disonesto) che ancora oggi molti commentatori parlino di “austerità”!


Il confronto con alcuni paesi mette il Dpb in una luce peggiore. Per anni il dibattito pubblico, e ancora oggi, è stato dominato dalla propaganda dei due estremi secondo la quale un avanzo primario sarebbe incompatibile con la crescita economica, da cui deriva il sempiterno bisogno di aumentare la spesa. A smentire tale propaganda bastano i conti del Portogallo. Nel silenzio dei media, il paese iberico sta registrando un piccolo capolavoro: avanzo primario del 3 per cento di pil e surplus di bilancio senza effetti negativi sulla crescita (+2 per cento di media reale). Per questo il debito portoghese, che era comparabile a quello italiano nel 2016 attorno al 130 per cento del pil, è già sceso sotto il 100 per cento ed è atteso addirittura all’83 per cento nel 2028. Insomma, siamo a ribadire per l’ennesima volta l’ovvio: non esistono scorciatoie e non esistono moltiplicatori magici della spesa pubblica, come si sente spesso dire. Ridurre il debito è il più grande regalo che possiamo fare ai nostri nipoti ed esiste una sola strada: aumentare la crescita (ovvero agire su demografia e produttività) e avere una seria politica di bilancio (supporto all’economia durante le crisi, ma forte avanzo primario durante le espansioni). Tertium non datur.


L’esperienza della crisi del debito sovrano del 2011 non ci ha insegnato che l’austerità (concetto non definibile univocamente) è recessiva. Piuttosto, ci ha insegnato che il debito pubblico va ridotto quando è possibile, poiché essere costretti a implementare un consolidamento fiscale sotto stress finanziario può essere controproducente. Nonostante l’inflazione degli ultimi anni, che in generale aiuta i debitori poiché erode il valore reale del debito futuro, l’Italia ha perso una grande occasione. In macroeconomia vi è sempre tempo, ma occorre agire. Altrimenti il sospetto è che alla prossima crisi oltre a tassare gli “extraprofitti” (qualunque cosa siano) la politica italiana proporrà di tassare anche gli extraterrestri.

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