Così Elon Musk segue il modello Soros per supportare Trump

Il ceo di Tesla e SpaceX sfrutta ogni mezzo a disposizione per influenzare le elezioni in favore del candidato repubblicano. Il metodo è quello che si attribuisce all’imprenditore e filantropo 94enne: fare esattamente quello che si accusa gli altri di fare

“Cosa è successo a Elon Musk?” È una domanda che in molti si stanno chiedendo in questi giorni, settimane, mesi, per via della rapida radicalizzazione dell’imprenditore, un tempo noto per Tesla e SpaceX e oggi paladino trumpiano. Una domanda legittima, a cui qualcuno risponde citando l’uso (o abuso) di ketamina di cui lo stesso Musk ha parlato pubblicamente, mentre altri tirano in ballo i problemi legali suoi e delle sue molte società, che avrebbero quindi spinto Musk a sposare un candidato alla presidenza, sperando in un perdono.

Hanno ragione tutti, o forse nessuno, temo che la risposta non esista – e, qualora esista, che sia chiara e cristallina come vorremmo. L’unico scampolo di certezza nell’affaire Musk sembra essere il metodo: l’uomo sta usando tutti i mezzi – legali e meno – per influenzare le elezioni in favore del suo candidato, Donald Trump, dai soldi donati e promessi a chi si registra per le votazioni negli stati in bilico alla trasformazione del social network X in strumento politico.

Il modello a cui sembra fare riferimento Musk è, ironicamente, quello di George Soros. Non tanto il vero George Soros, imprenditore e banchiere ma anche filantropo con la sua Open Society Foundation, ma il Soros “percepito”, al centro da tempo delle paranoie dalla destra globale, che ha trasformato il 94enne sopravvissuto all’Olocausto in una sorta di Voldemort. Le migrazioni di massa? C’è dietro Soros. Il Covid-19? Soros. E il 5G? Uguale. La teoria del complotto della sostituzione etnica? È realtà, ed è made in Soros, ovviamente.

E così via. L’idea di un nume tutelare tentacolare, che agisce nell’ombra per manovrare i fili dei media, politica, dell’associazionismo e così via, sembra avere ispirato Musk, che nel corso del 2024 si è Soros-izzato, spostandosi a destra. Per anni la commistione tra scena tecnologica e destra ha avuto in Peter Thiel (ex socio di Musk a PayPal, tra i primi investitori di Facebook) il suo punto di riferimento: ma Thiel lavorava nell’ombra, in silenzio, mentre Musk predilige il flame continuo sui social (il suo social, precisamente).

La mutazione muskiana può essere capita con la proiezione, fenomeno psicologico “che consiste nello spostare sentimenti o caratteristiche propri, su altri oggetti o persone”, come spiega Wikipedia. Un esempio: un uomo si invaghisce di una collega, non vuole ammetterlo a se stesso e comincia a pensare che sia la collega si sia invaghita di lui. O una persona gelosissima che accusa il partner di essere geloso. O, ancora, una persona accusa gli altri di censura e finisce per comprare un social network dove opera un controllo severissimo dei contenuti (e spinge a tutti i suoi tweet). Vi ricorda qualcosa?

Uno dei motivi che spinse Musk a comprare Twitter, a quanto pare, fu l’incidente del laptop di Hunter Biden. Nel 2020 il New York Post pubblicò un pezzo sul ritrovamento del computer del figlio di Biden, che l’Fbi inizialmente segnalò come parte di una campagna di disinformazione russa, spingendo molti social, Twitter incluso, a limitarne la diffusione. Un evento opaco che da allora ossessiona i repubblicani: l’acquisizione del social network da parte di Musk doveva servire quindi a evitare che incidenti simili si ripetessero.

Poche settimane fa, però, il giornalista Ken Klippenstein ha pubblicato un documento realizzato dalla campagna Trump su J.D. Vance, candidato alla vicepresidenza dei repubblicani, che altre testate avevano rifiutato di pubblicare. Nonostante il documento non contenesse rivelazioni scioccanti, Musk, in combutta con Trump, ha usato X per bloccare la diffusione del post di Klippenstein. Insomma, proiezione, proiezione, proiezione. Fare esattamente quello che si accusa gli altri di fare, anzi di più, usando lo spauracchio di Soros a modello.

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