La penosa minicrociata al grido di “dàgli al pederasta” ai danni di un funzionario mite e competente

Così associazioni vagamente paranoidi pro familia, un chattaro di FdI e un mancato premio Pulitzer del famoso giornalismo marca Rai hanno indotto Francesco Spano alle dimissioni. Il tutto in un sentore di scandalo farlocco su un vecchio finanziamento a gruppi Lgbtq che sa tanto di Bibbiano 2

Se si è capito bene associazioni vagamente paranoidi pro familia (quelle che si ispirano a Ruini e Ratzinger senza aver capito niente dell’uno e dell’altro), un giornalista di destra forcaiola dalla voce chioccia, un chattaro di Fratelli d’Italia (il noto partito che ha il solo merito di aver sostenuto l’ascesa al governo di due sorelle toste), infine un mancato premio Pulitzer del famoso giornalismo investigativo marca Rai hanno inscenato una penosa minicrociata al grido di “dàgli al pederasta”. Così hanno indotto un funzionario mite e competente, il cui orientamento sessuale non fa questione e non fa storia, a dare le dimissioni dal ministero dei Beni culturali, il tutto in un sentore di scandalo farlocco su un vecchio finanziamento a gruppi Lgbtq che sa tanto di Bibbiano 2.

Fu Pannella a mettere in discussione dove sia davvero il fascismo in Italia, e lo fece gridando e smaniando con arguzia e profetismo, nel suo stile, al XIII congresso del Msi, quando era Almirante alla guida di quel partito neofascista nato dal ricordo della Repubblica di Salò e delle sue storiche sconcezze. Pannella amava la parola sonante e attribuì al regime democristiano il fascismo, testimoniando a favore dell’inclusione dei missini nella logica costituzionale, e Almirante, piccato per lo scippo ideologico quanto lusingato per la rottura del vecchio isolamento antropologico della sua consorteria, gli gridò in faccia che “il fascismo è qui!”. Non era una commedia surreale. Aveva semplicemente ragione Pannella.

Questo è un paese con i piedi in aria in cui le sorelle fascio-liberal si vergognano del fratello omofobo e lo cacciano mentre i fratelli in legacy media, tra giornalacci di pronta beva ideologica e tv generaliste, danno la baia a un tizio che non conoscono alimentando uno di essi, con insinuazioni, allusioni, toni di sordido ricatto politico e morale, quella che spacciano come una notizia e invece è un pettegolezzo. Un paese in cui un ministro “fascista” si comporta da gran signore e tiene al suo fianco, per esperienza e capacità amministrativa, un funzionario cattolico, di sinistra solidale, con un curriculum rispettabilissimo, fuori dal famoso amichettismo, ma nel mondo democratico e antifascista di una rubrichetta Rai questo gli costa l’assalto squadrista e il dileggio all’olio di ricino del sarcasmo più ebete e subdolo (“si guardi Inter Juventus, che è meglio”). Se Pannella fosse qui stringerebbe la mano al camerata Giuli e darebbe del troglodita e del fascista al divo tv della propalazione e del piccolo ricattuccio.

Non so che cosa se ne pensi nelle school of journalism di Columbia e altri luoghi malfamati che è meglio non frequentare, ma credo sia raro trovare facitori di scoop, cercatori dell’onorato blasone di eroi del mondo liberal, mentre nel mondo si industriano a promuoversi con le tecniche abusate della piccola mafia. Il propalatore anglosassone non va da quelli del New York Times, con un bell’anticipo sulla trasmissione, e complimenti per la trasmissione, a sfornare ipotesi cautelose, accuse traverse, gossip maleodoranti, fra sorrisini di intesa e reticenze bene orchestrate. Il giornalismo non è una cosa tanto seria, ma può essere un mestieraccio accettabile e utile alla democrazia. Basta che non entri nel mazzo delle minicrociate rossobrune.

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  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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