La vergogna nell’infanzia e nell’età adulta. La meschinità nel voler preservare il corpo

Una nuova raccolta di saggi ripercorre e indaga tra i temi più importanti degli ultimi anni, fra cui l’esperienza vissuta con il senso di l’imbarazzo per il proprio fisico, indotto dallo sguardo altrui anche una volta raggiunta la maturità

Se si pubblicassero più raccolte di saggi smetteremmo di cercare istruzioni per la vita su TikTok, dove scrolliamo e scrolliamo senza trovare mai niente? Secondo me sì: Nei nervi e nel cuore. Memoriale per il presente (Solferino) è una raccolta di saggi che seguono, non rigidamente, una doppia linea: una linea biografica e una storica. Ripercorrono i grandi temi che sono stati al centro del discorso pubblico negli ultimi anni, ma portano a delle idee più universali perché sono scritti dal punto di vista dell’autrice, Rosella Postorino, che osserva, commenta, ricorda e cita libri, film ed esperienze. C’è una cornice biografica: il compagno Livio, il cane Bryan, il Tevere; questi riferimenti non solo rendono la lettura narrativa, lineare, ma sono funzionali all’approfondimento dei temi. I saggi hanno la forma del personal essay: in questo modo The Handmaid’s Tale, la serie tratta dal romanzo di Atwood, può diventare un’occasione per parlare di migrazione, di richiedenti asilo e di quel “Siamo felici che sia qui”, la frase pronunciata nella serie dalla dottoressa dell’ospedale a cui riesce ad arrivare la protagonista, che è finalmente riuscita a scappare da Gilead. “Siamo felici che ce l’abbia fatta, che non si sia arresa, che abbia avuto coraggio, che il suo corpo non abbia ceduto, siamo felici di poterla aiutare, è nostro dovere farlo, è il nostro istinto (…). Questo, dovrebbe sentirsi dire chi scappa: dalla guerra, da condizioni climatiche che impediscono la sopravvivenza, dai lager in cui è torturato e violentato, ricattato”.



Questo brano comprende gli ultimi anni di Mediterraneo, di ostilità alle Ong, di un discorso nazionale e sovranazionale sui migranti che ha adottato dei termini osceni: dagli illegal aliens di Trump ai nostri recenti centri di deportazione. Il libro è stato scritto prima di questi eventi, eppure li include entrambi. Il merito maggiore per me e le parti più forti del libro hanno a che fare con l’esperienza della vita in un corpo di donna. Una criticità del femminismo degli ultimi anni è che è uscito dal corpo e entrato negli schermi, entrando negli schermi si è fatto dogma, frase ripetuta, lezioncina. Da un lato, le ragazze non sono mai state così fiere e consapevoli dei propri diritti, anche grazie a quelle lezioni online; dall’altro, a volte manca un ragionamento, un filo che riporti all’esperienza che vivono a scuola, per strada, in bagno. Nei nervi, appunto. Al tavolo di un pranzo estivo, dove un padre potrebbe dire: ma che ti sei messa, copriti. Sono certa che esista ancora un equivalente di quell’imbarazzo per il corpo, un imbarazzo indotto, ovviamente, dallo sguardo altrui.



La vergogna è un grande tema di questo libro, vergogna nell’infanzia (essere diversa perché “terrona”) ma anche nell’età adulta, magari quando stiamo lontani dalle persone perché vogliamo preservarci dal contagio. Quella meschinità nel voler preservare il corpo è uno dei tanti sentimenti che Postorino pesca dall’esperienza e indaga. Anche tutte le esperienze di approcci sgradevoli, passivo-aggressivi, di compagni di università dall’alito fetido e di amici che dicono “spero che mia figlia non diventi come te”, tutte queste che potremmo chiamare microaggressioni qui suonano vere perché qualcuno ci ha ragionato per la prima volta – non può che essere così – rispetto a sé stessa. Così il professore che nega il dottorato perché “questo rapporto si è trasformato in un rapporto maschio-femmina” non è un’esperienza pre-filtrata dal termine “molestia”. E’ doloroso per l’autrice, ma è utile per il lettore, perché ci ricorda da dove, quei termini così utilizzati, arrivano, come sono nati, e che parte dei nervi e del cuore hanno ferito.

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