La dirigenza del Genoa ha sbagliato tanto ma pagherà Alberto Gilardino

L’allenatore artefice del ritorno in Serie A dei rossoblù due stagioni fa e dell’ottima salvezza dello scorso anno rischia l’esonero. Eppure a complicare le cose sono stati i dirigenti colpevoli di aver indebolito troppo la squadra

Nonostante le smentite di rito, arrivate con una convinzione peraltro abbastanza inusuale in casi del genere (“È ignobile e inaccettabile che Gilardino sia messo in discussione”, ha detto il presidente Alberto Zangrillo), il clima attorno ad Alberto Gilardino sembra essersi fatto improvvisamente irrespirabile. La situazione di classifica del Genoa, a voler essere generosi, non è delle migliori: cinque punti in sette giornate, quattro sconfitte nelle ultime cinque partite. Allargando un pochino di più l’orizzonte, nonostante si sia soltanto a metà ottobre, l’impressione è che tutto stia sfuggendo di mano: il gravissimo infortunio di Malinovskyi ha privato la squadra di una soluzione cruciale in termini di qualità e inventiva, gli acciacchi di Messias non hanno certo aiutato una fase offensiva abbastanza farraginosa, l’arrivo da svincolato di Gaston Pereiro, reduce da una buona ma non irresistibile parentesi con la Ternana in Serie B, ha il sapore della mossa della disperazione, forse persino più disperata di quanto potrebbe esserlo l’arrivo di Mario Balotelli, il vero tormentone del momento.

Eppure, a essere in discussione, è finito proprio Gilardino, artefice del ritorno in Serie A del Genoa due stagioni fa e dell’ottima salvezza dello scorso anno. Il Grifone sta pagando in maniera evidente l’opera di depauperamento qualitativo dell’organico condotta in estate: le cessioni di Retegui prima e Gudmundsson poi hanno privato Gilardino di due elementi fondamentali, dopo che già nel corso del mercato di gennaio era stato ceduto uno dei giocatori più in vista dei rossoblù, Dragusin. A forza di mettere pezze, il lavoro di Gilardino sta diventando sempre più complesso. Pretendere che una coppia appena costituita composta da Vitinha (arrivato a gennaio con un’operazione esageratamente costosa poi concretizzata nel corso dell’estate) e Pinamonti potesse sopperire a una doppia partenza così pesante è stato un clamoroso errore di sottovalutazione e ora Genoa-Bologna, per Gilardino, ha i contorni dell’ultima spiaggia. È la tendenza, troppo spesso presente, a prendere come capro espiatorio l’allenatore, soluzione facile a portata di mano: un esonero e via andare, nella speranza di trovare la quadratura. Gilardino ha forse avuto la colpa di accettare, almeno pubblicamente, in maniera un po’ troppo passiva quello che stava accadendo: l’impressione è che si aspettasse di dover salutare Gudmundsson ma non Retegui.

In estate avrebbe potuto spiccare il volo anche lui, invece ha deciso di restare. In queste ore ha provato a reagire: “Ho letto una frase che mi ha colpito: i grandi marinai hanno sempre saputo utilizzare le tempeste perché le tempeste fanno gonfiare le vele”, ha detto in conferenza stampa, incassando le parole di Zangrillo con ottimismo. Eppure proprio le frasi del presidente alla Gazzetta su Balotelli (“Sono convinto che Balotelli a Marassi possa ritornare il grande giocatore che è stato, è una sfida che mi toglie il sonno da qualche giorno. Se potessi con Mario non mollerei mai”) sembravano nascondere un messaggio, una sorta di richiamo nei confronti di chi, ai piani alti, decide per davvero. Forse anche per questo la difesa di Gilardino da parte di Zangrillo sembra così debole.

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