Il silenzio di Guterres sull’uccisione di Sinwar

Il segretario dell’Onu Ban Ki-moon definì un “momento spartiacque” l’omicidio di Osama bin Laden, ma il suo successore non ha ancora detto nulla su quella del leader di Hamas. L’imbarazzo per il documento di “un’insegnate dell’Unrwa” trovato sul posto dove si nascondeva il terrorista

Hani Zoroub ieri su Facebook ha detto di stare bene e di trovarsi in Egitto. L’uomo in possesso della sua carta d’identità non poteva dire altrettanto. Si tratta di Yahya Sinwar, il capo di Hamas. Addosso gli hanno trovato un’arma, un giubbotto antiproiettile, quarantamila shekel (diecimila euro), un libretto di preghiere islamiche, un pacchetto di Mentos e la carta di identità di Zoroub, che dice così: “Insegnante dell’Unrwa”, l’agenzia dell’Onu per i palestinesi al centro di tante accuse e polemiche dopo il 7 ottobre che hanno portato alla sospensione dei finanziamenti da parte di numerosi paesi occidentali.

All’inizio si pensava che il passaporto di Unrwa fosse di una delle guardie del corpo di Sinwar. Poi è stato chiarito che ce l’aveva Sinwar ma apparteneva a Zoroub. Forse Sinwar l’ha rubato per muoversi più agilmente a Gaza o forse il documento di uno degli insegnanti dell’Unrwa è finito per caso nelle tasche del capo di Hamas. Secondo quanto ricostruito dall’emittente Kan, il docente dell’Onu sarebbe uscito da Gaza passando per Rafah e da lì in Egitto. Lo stesso dipendente sui social ha tenuto a precisare di stare bene, senza aggiungere una parola su quel documento trovato a Sinwar. Il commissario di Unrwa, Philippe Lazzarini, evoca una campagna di disinformazione contro l’agenzia: “Informazioni non verificate vengono utilizzate per screditare l’Unrwa e il suo personale”. Soltanto che già tante volte “informazioni non verificate” su Unrwa si sono poi dimostrate vere, anche se c’è voluto un po’ di tempo.

Il mistero del documento nelle tasche di Sinwar richiederà una risposta, visti i pregressi di Unrwa, i dipendenti licenziati dall’Onu stesso dopo mesi di dinieghi e accuse di propaganda a Israele, il capo di Hamas in Libano eliminato da Israele e che lavorava per Unrwa, le centinaia di membri dell’agenzia che hanno glorificato il 7 ottobre sui social (il rapporto di UN Watch) e molto altro. Ieri UN Watch, l’organizzazione che da un anno espone le collusioni fra l’agenzia e Hamas, ha pubblicato una foto di Suhail al Hindi, membro del Politburo di Hamas con Yahya Sinwar. Per anni, al Hindi ha diretto il sindacato del personale dell’Unrwa a Gaza e una scuola maschile. “Hamas ha completamente sovvertito l’Unrwa”, ha scritto UN Watch. “Questi sono i veri leader di Unrwa, non Philippe Lazzarini”.

Oltre cento israeliani, vittime del massacro di Hamas del 7 ottobre, hanno fatto causa contro Unrwa presso la Corte federale di New York, sostenendo che ha sostenuto omicidi, crimini contro l’umanità, torture e stupri sistematici commessi da Hamas durante il massacro. I querelanti sono rappresentati dallo studio legale Mm-Law, che ha rappresentato oltre dodicimila vittime di attacchi terroristici, armi chimiche, torture e crimini contro l’umanità, provenienti da oltre venticinque paesi. Accuse tutte da provare in tribunale. La causa sostiene che Unrwa ha permesso ad Hamas di scavare tunnel e stabilire centri di comando sotto le sue strutture e che il personale Onu ha partecipato al massacro del 7 ottobre. La causa è stata intentata a New York, dove si trova la sede centrale dell’agenzia e dove risiedono i suoi dirigenti. “L’Unrwa è complice dell’omicidio dei miei figli e della mia famiglia”, hanno affermato Gadi e Reuma Kedem, i cui figli sono stati assassinati il ​​7 ottobre.

Un “momento spartiacque”. Così l’allora segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, definì l’uccisione di Osama bin Laden in un raid americano in Pakistan. Inutile cercare qualcosa di simile dell’attuale segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, sull’uccisione di Sinwar. Silenzio totale. “Sei la figura pubblica più irrilevante e distaccata sulla terra”, ha risposto Gilad Erdan, ambasciatore israeliano al Palazzo di vetro.

Ci vorranno sei mesi prima di scoprire la verità su Sinwar e l’Unrwa. Sono i tempi dell’Onu, lunghi come quelli della chiesa. E poi tutto tornerà come prima. Intanto la missione iraniana all’Onu fa sapere che l’uccisione di Sinwar è un “martirio”. Il silenzio di Guterres sull’uccisione di Sinwar è emblematico e fa il paio con la sua posizione giustificazionista sul 7 ottobre che non è avvenuto nel “ vuoto” e con i tanti svenevoli cedimenti a Teheran. Per chi non lo avesse ancora capito con chi sta l’Onu.

Di più su questi argomenti:

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

Leave a comment

Your email address will not be published.