“Io, assolto dopo 4 anni dalle accuse di mafia mosse da Gratteri”. Parla Domenico Tallini

L’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria assolto definitivamente dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. Ha trascorso un mese ai domiciliari e la sua immagine è stata distrutta, insieme alla sua carriera politica

“La fine di un incubo”. Così Domenico Tallini definisce al Foglio la notizia della sua assoluzione definitiva. Era la mattina del 18 novembre 2020 quando Tallini, all’epoca presidente del Consiglio regionale della Calabria ed esponente di Forza Italia, venne posto agli arresti domiciliari su richiesta della procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri (oggi capo della procura napoletana), con le accuse infamanti di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso, nell’ambito dell’inchiesta denominata “Farmabusiness”. “L’ordinanza di custodia cautelare mi venne notificata a casa alle 4.15 del mattino da otto carabinieri. Nemmeno in Bolivia al peggior avversario politico accadono queste cose”, racconta Tallini. L’esponente di FI, con una formazione nelle file del Msi e per 25 anni già consigliere comunale a Catanzaro, si dimise immediatamente dall’incarico di presidente del Consiglio regionale. Trascorse un mese ai domiciliari, la sua immagine venne distrutta, insieme alla sua carriera politica.

Secondo l’accusa dei pm, Tallini aveva fornito al clan Grande Aracri “un contributo concreto, specifico e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell’associazione stessa”, in cambio del sostegno elettorale. In particolare, si sarebbe adoperato per facilitare la vendita all’ingrosso di farmaci da parte di aziende ricollegabili alla cosca ‘ndranghetista. Le accuse mosse dalla procura guidata da Gratteri si sono sgretolate sia in primo grado sia in appello, con l’assoluzione piena di Tallini “perché il fatto non sussiste”. Lo scorso 10 settembre l’assoluzione è diventata definitiva in virtù del mancato ricorso della procura in Cassazione. L’incubo per Tallini (difeso dagli avvocati Vincenzo Ioppoli e Carlo Petitto) è finito dopo 1.385 giorni, anche se “restano le macerie e le ferite ingiustamente inflitte a una famiglia”.

“E’ stato come se mi fossero passati addosso dieci carri armati”, confida Tallini, “non solo per le accuse infamanti rivolte nei miei confronti”. “Sul piano politico ho sempre agito con la massima onestà e trasparenza, guadagnandomi il consenso di migliaia di cittadini calabresi”, afferma. Ma la vicenda giudiziaria ha avuto risvolti anche di altro tipo. “La banca mi ha chiuso l’unico conto corrente che avevo. Consideri che mia moglie purtroppo è malata e si doveva curare, e i miei figli non lavoravano”.

La vicenda giudiziaria ebbe risalto mediatico sul piano nazionale anche in virtù di alcune reazioni politiche. Il leader della Lega Matteo Salvini mandò pubblicamente gli “auguri di buon lavoro a Nicola Gratteri, che conosco e stimo”: “Quando c’è da fare pulizia ben venga chi lo fa”, aggiunse. “Se si muove Gratteri si vede che ha le ragioni per farlo”, ribadì Salvini, nonostante la Lega governasse la Calabria proprio insieme a Forza Italia, con Nino Spirlì, presidente facente funzioni dopo la morte di Jole Santelli. Il grillino Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, pubblicò un video sui social in cui attaccava Tallini tanto da diventare paonazzo dalla rabbia. “La Lega non mi difese per strategia politica. Tramite Spirlì puntò a raccogliere il massimo del consenso in vista delle elezioni – spiega Tallini – Di Morra è quasi inutile parlare. E’ un campione dell’antipolitica. Aveva già tentato di eliminarmi inserendomi tra gli impresentabili per aver chiesto informazioni su quattro multe. Come ho già detto, è un giacobino di periferia che utilizza le istituzioni per demolire i suoi avversari”.

Per Tallini il problema va oltre Gratteri: “Dopo Tangentopoli i magistrati si sono sentiti tanti Di Pietro. La popolarità ha spinto tantissimi pm di periferia, vedi il De Magistris di turno, ad attuare metodi molto simili a quelli di Tangentopoli. Il problema è che la politica, inseguendo il consenso dell’opinione pubblica, ha fatto a gara a chi faceva più antipolitica in Parlamento, finendo per attribuire ancora più poteri alla magistratura”.

L’ultimo pensiero di Tallini va a Jole Santelli: “Proprio due giorni fa ricorreva il quarto anniversario della sua morte. Dedico la mia assoluzione a lei, che mi volle alla presidenza del Consiglio regionale e con cui lavorai in uno spirito di massima collaborazione”.

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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