I dubbi dei rettori sul numero chiuso a medicina: “Non è stato abolito. Semestre filtro strada impraticabile”

Zucchi dell’Università di Pisa e Di Lenarda dell’Università di Trieste commentano il ddl presentato dalla Lega sulla riforma per l’accesso a medicina tra spazi d’ateneo, selezioni, test d’ingresso e programmazione dei camici bianchi

“Ci sono alcune criticità di fondo”. “A me questa riforma sembra tutto fuorché l’abolizione del numero chiuso per l’accesso a medicina”. Lo dicono in un colloquio con il Foglio i rettori dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi, e dell’Università di Trieste Roberto Di Lenarda, commentando il via libera di oggi della commissione Cultura del Senato alla riforma dell’accesso alla facoltà di medicina che tra le altre cose vuole eliminare il numero chiuso e i test d’ingresso. Il ddl delega è stato presentato dalla Lega e ora il governo è al lavoro per delinearne i decreti legislativi che saranno approvati dal Parlamento. Allo stato attuale la riforma è agli albori, ma l’obiettivo sembrerebbe quello di introdurre i nuovi parametri d’accesso già a partire dal prossimo anno accademico.

Per il momento c’è l’impalcatura, ma sarà poi il governo a definire i dettagli. Nei fatti il ddl “sposta in avanti” di sei mesi quello che è oggi il test di medicina, introducendo corsi propedeutici che se non superati causano l’esclusione dalla facoltà. I corsi saranno uguali per tutti e i risultati saranno utilizzati per stilare una graduatoria di “merito” nazionale. L’accesso al secondo anno sarà subordinato ai risultati degli esami del primo semestre, che quindi funzionerà da filtro per l’intero corso di laurea. C’è di più: gli studenti che saranno esclusi non perderanno comunque l’anno perché i crediti acquisiti dagli esami sostenuti nei primi sei mesi serviranno per poter entrare in una delle facoltà affini a medicina, come biologia, farmacia o simili.



Pochi mesi fa è stato l’Ordine dei medici a sollevare qualche dubbio sul ddl. E ora qualche perplessità arriva anche dai rettori. Posto che la Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, si riunirà a giorni per fornire una risposta unitaria alla riforma, dall’Università di Trieste Di Lenarda spiega: “La mia personale contrarietà al ddl è tutta per il semestre iniziale e tutta data da motivi tecnici. Sono invece contento che il numero chiuso non sia stato abolito e anzi che verrà mantenuto”, dice il rettore. E specifica: “Nel nostro ordinamento poi il ‘numero chiuso’ non esiste. È previsto un numero ‘programmato’, cioè quello che stabilisce la quantità di studenti che possono iscriversi sulla base del potenziale formativo delle università perché sia garantita la qualità della formazione del medico. Quel numero oggi rimane. È spostato avanti di sei mesi”, aggiunge il professore. Ecco il motivo per cui dall’Università di Pisa, Zucchi scherza: “Non intitolate ‘abolito il numero chiuso'”.

Le maggiori perplessità che sollevano i due accademici sono tutte per come sarà organizzato il semestre filtro. “Dalle informazioni che abbiamo la riforma introduce il modello francese – dice Zucchi –. Ci sono pregi e difetti, ma posso considerare che spostare in avanti di sei mesi la valutazione per l’ammissione a medicina comporta una radicale revisione degli ordinamenti del primo anno di tutte le facoltà che rientrano dentro alle scienze della vita”. E le domande su come funzionerà questo semestre non sono poche: “Chi si occuperà di fare la selezione? Sarà sottoposto un test nazionale? La faranno gli atenei singoli? Chi si occuperà di valutare gli studenti? Con quali parametri?”. E poi c’è una questione di spazi: “A Pisa ogni anno abbiamo 1200-1300 richieste di iscrizione”, riferisce Zucchi. “Dove li faremo sedere? Coinvolgiamo gli atenei telematici? Non voglio nemmeno pensarci…”.

Anche Di Lenarda, da Trieste, parla di aule: “Aggiungo un elemento. In base a quello che è stato riferito gli studenti che non entreranno a medicina dopo il primo semestre potranno entrare negli altri corsi di laurea affini. C’è un problema: questi studenti entreranno in corsi che avranno fatto la loro selezione sei mesi prima, per cui per forza di cose ci sarà un sovrannumero di studenti. Come funzionerà?“, si chiede il rettore.

L’opinione di fondo dei due accademici resta comunque concorde nella possibilità di migliorare il test d’ingresso: “Che ci sia un tema legato alle domande dell’esame d’accesso è vero, che bisogni introdurre una valutazione sulla ‘vocazione a fare il medico’ nessuno ha dubbi. Ma la risposta non può essere la creazione di un semestre unico in questi termini. Tecnicamente è quasi impraticabile“, dice Di Lenarda. “Sono dell’idea che una soluzione ben studiata, strutturata, programmata e con qualche risorsa in più possa essere quella di un semestre comune a tutte le facoltà di scienze della vita, più che solo quella di medicina”, propone invece Zucchi. Che però ricorda: “Occorre aspettare il testo”. Aspettiamo.

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