Non solo Renzi. Tutte le tappe del conflitto tra Conte e Schlein

Se riesce a vincere sia in Liguria, Umbria ed Emilia Romagna con tre candidati che sono del Pd e una che ai dem è molto vicina, la sua posizione si rafforzerà e sarà sempre più difficile per gli alleati e per gli avversari interni metterle i bastoni tra le ruote. Se in Liguria dovesse andare male il capro espiatorio sarà il leader del M5s

Chi conosce bene Elly Schlein sa che tra la segretaria del Pd a Matteo Renzi non esiste nessun patto segreto. Il tanto evocato “disegno” tra la leader dem e l’ex presidente del Consiglio non riguarda chissà quali oscuri progetti che i due coltiverebbero alle spalle di tutti gli altri possibili alleati del centrosinistra. Schlein è difficile che si lasci andare a confidenze con i dem che non fanno parte della sua cerchia stretta, figuriamoci con Renzi di cui si fida fino a un certo punto. Che poi il leader di Italia viva continui a parlare di questo disegno e a insistere sul fatto che debba essere la segretaria dem a fare la candidata premier della futura alleanza è vero, ma riguarda la volontà dell’ex premier di dimostrare la sua lealtà a Schlein. La quale, va detto per amore di verità, non è che lo abbia poi ripagato con grande generosità visto che in Liguria Iv è stata fatta fuori dalle liste e in Umbria come in Emilia Romagna i rappresentati di Italia viva dovranno rinunciare al loro simbolo e infilarsi in liste civiche. Eppure Giuseppe Conte continua a strepitare e ad accusare Schlein di aver stretto un patto alle sue spalle con Matteo Renzi. Perché il leader del Movimento 5 stelle aspira a ritornare a palazzo Chigi, e questo non è un mistero per nessuno dei suoi alleati, segretaria del Partito democratico inclusa.

Ma quello che forse non tutti sanno (ma Schlein si) è che Conte nel suo piano per tornare a palazzo Chigi non solo Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni dalla sua, ma anche tanti “contiani” del Partito democratico. Dirigenti e capi corrente che con l’allora presidente del Consiglio hanno collaborato e lavorato e che lo ritengono “strutturalmente” più adatto a governare della “giovane” è soprattutto non condizionabile Elly Schlein. Dunque la leader del Pd sta giocando una delicata partita non solo con gli alleati ma anche all’interno del suo stesso partito. Ed è questa una delle ragioni che la spingono a non cercare di metter su tavoli o cabine di regia dell’alleanza in questa fase. La segretaria aspetta che la situazione si decanti e incrocia le dita puntando tutto sulle elezioni regionali. Se riesce a vincere sia in Liguria, Umbria ed Emilia Romagna con tre candidati che sono del Pd (Andrea Orlando e Michele De Pascale ) e una che ai dem è molto vicina e che comunque hanno voluto candidare loro (Stefania Proietti), la sua posizione si rafforzerà e sarà sempre più difficile per gli alleati e per gli avversari interni metterle i bastoni tra le ruote.

Se poi in Liguria si dovesse perdere per una manciata di voti, allora il perfetto capro espiatorio c’è già. Ed è quello di Giuseppe Conte che non ha voluto in nessuno modo Italia viva in coalizione. Certo, a un certo punto Schlein dovrà decidersi ad agire ma è molto meglio farlo sull’onda delle vittorie. E comunque un po’ più in là perché la segretaria sa bene quanto siano abili gli esponenti del centrosinistra a logorare i loro leader e per questa ragione non ha nessuna voglia di farsi infilare nel tritacarne anzitempo.

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