Perché il nostro mondo nonostante tutto va meglio del previsto

Iniezioni di ottimismo. L’occidente che doveva soccombere di fronte ai nemici della libertà, non lo ha fatto, anzi: ha scelto da che parte stare senza ambiguità eccessive, senza farsi dettare l’agenda dai pacifisti amici degli ayatollah o dai populisti al servizio del putinismo

Juliet Samuel è una brillante giornalista del Times di Londra e qualche giorno fa ha offerto ai suoi lettori uno spunto di riflessione importante per provare a guardare al dopo 7 ottobre, sia quello di un anno fa sia quello di oggi, con un occhio non del tutto smarrito. La tesi di Juliet Samuel è che nonostante tutto, nonostante le difficoltà attraversate dalle democrazie, nonostante le difficoltà attraversate dalle società aperte, comprese le tensioni delle ultime ore tra Israele e i paesi che sostengono e compongono la missione Unifil, tema su cui torneremo, l’occidente negli ultimi due anni ha raggiunto successi clamorosi, veri, rotondi e un tempo semplicemente insperati. Tutto sta nel contestualizzare, nel capire da dove siamo partiti e nel comprendere dove siamo arrivati. E tutto sta nel mettere a fuoco una realtà difficile da negare: l’occidente che doveva soccombere di fronte ai suoi nemici non lo ha fatto e seppur con mille difficoltà è lì che combatte con una forza che in pochi qualche anno fa avrebbero saputo prevedere. Riavvolgiamo il nastro. Prima dell’invasione dell’Ucraina, la Russia stava costruendo il Nord Stream 2, eseguiva sfacciati assassinii in Gran Bretagna, entrava come una lama nel burro nella vita dei suoi vicini di casa, sosteneva senza pudore regimi canaglia come quello di Assad e promuoveva senza deterrenza alcuna l’avanzata delle brigate Wagner in Africa.

Allo stesso modo, l’Iran appariva come una fortezza inespugnabile, leader assoluto della regione, senza rivali, con i suoi eserciti per procura temuti solo da Israele, e niente di più. E allo stesso tempo, la Cina aveva trovato un modo per infilarsi anche in un paese del G7, come l’Italia, via Memorandum, aveva espanso così tanto il suo arsenale nucleare da sentirsi libera di togliere ogni forma di libertà a Hong Kong, aveva trasformato Taiwan in un obiettivo inevitabile della sua espansione e negli anni addietro aveva osservato con un sorriso la presenza di un presidente degli Stati Uniti convinto che la Nato fosse obsoleta, la presenza di un presidente francese convinto che la Nato fosse cerebralmente morta e la presenza di un occidente incapace spesso di governare i suoi tarli interni. Due anni e mezzo dopo l’invasione dell’Ucraina e un anno dopo il pogrom organizzato da Hamas in Israele qualcosa si muove.

L’idea che la Russia fosse invincibile è venuta meno e due anni e mezzo dopo la Russia che voleva avere accanto a sé meno confini della Nato e un’Ucraina più vicina alla Russia che all’Europa si ritrova con molti chilometri di confini della Nato ai suoi fianchi (Finlandia) e con un’Ucraina che cerca di avvicinarsi velocemente all’Unione europea (e forse un domani alla Nato). L’idea che la dipendenza dal gas russo fosse ineludibile ha fatto la stessa fine, è risultata superata, e perfino la Germania, nonostante tutta la sua ambivalenza sulla difesa dell’Europa, è riuscita, scrive il Times, ad assemblare un terminale di importazione di gas in tempo record e ha aumentato la sua produzione e le sue esportazioni di armi a livelli record. Allo stesso tempo, per cambiare quadrante, è venuta meno l’idea che l’Iran sia una forza intoccabile, inespugnabile. E con la stessa simmetria anche l’idea che i suoi eserciti per procura possano essere considerati un pericolo solo da Israele è un’idea che appartiene al passato.

Un anno fa, l’intelligence israeliana sembrava finita, a causa delle incredibili défaillance del 7 ottobre, e un anno dopo invece l’intelligence israeliana è tornata a fare il suo lavoro e l’eliminazione della catena di comando di Hezbollah, in Libano, e anche di uno dei capi di Hamas, Haniyeh, in Iran, è la spia di una ritrovata forza dei servizi di sicurezza di Israele (e a proposito di sicurezza: colpire le truppe di Unifil è una pessima tragica idea dell’esercito di Israele, e un errore che si ripete per molti giorni di seguito non è poi solo un errore, ma pensare di lasciare le truppe Unifil in mezzo a una guerra tra Israele ed Hezbollah è un’idea altrettanto tragica, e quel che ieri ha chiesto Netanyahu, fatevi da parte, è quello che chiedono ai propri governi più o meno tutti i ministri della Difesa dei paesi che hanno un piede in Libano in Unifil).

In questo contesto, se si vuole allargare l’obiettivo dalle tensioni di queste ore, la capacità dell’occidente di mostrare i muscoli che pensava di non avere ha aperto gli occhi a chi ha scelto di osservare la verità dei conflitti e ha reso evidente il fatto che l’asse del male che vuole aggredire le democrazie non è un’invenzione retorica ma è realtà, è verità, è storia concreta, testimoniata dal fatto che la traiettoria della Russia e quella dell’Iran sono fortemente collegate. La Russia fornisce sistemi di difesa aerea all’Iran e l’Iran a sua volta aiuta la Russia a costruire droni e a schivare le sanzioni. E non può stupire il fatto che negli ultimi mesi Mosca abbia cercato di convincere Teheran a non intensificare le ostilità in Medio Oriente proprio perché non vuole esercitare ancora più pressione sulla sua scricchiolante macchina da guerra. Due anni e mezzo dopo l’invasione dell’Ucraina e un anno dopo l’attacco a Israele, scrive il Times, l’Occidente e i suoi alleati hanno dimostrato in modo definitivo che se messi alla prova hanno ancora un vantaggio militare sui loro nemici. E che le previsioni dell’imminente crollo di un ordine mondiale dominato dagli americani erano chiaramente esagerate.

Certo, in mezzo a queste notizie positive – tra cui potremmo anche aggiungere il fatto che in due anni e mezzo di guerre in giro per il mondo l’occidente, l’Europa e gli Stati Uniti sono riusciti a difendere il proprio benessere, la propria crescita, la propria occupazione, le proprie esportazioni – ce ne sono altre poco positive. Per esempio il fatto che gli Stati Uniti potrebbero non voler farsi carico a lungo di questi conflitti, per esempio che alcuni conflitti come quelli a Gaza stanno mettendo a dura prova la resistenza degli alleati di Israele, per esempio che l’incapacità dell’Europa di assumersi maggiori responsabilità per la fornitura di armi all’Ucraina è la ragione principale per cui il sostegno occidentale a quella guerra è traballante, per esempio che le industrie europee stanno mostrando vulnerabilità pericolose rispetto alla concorrenza cinese al punto da essere costrette a praticare un’autolesionistica politica dei dazi privando i consumatori di auto elettriche a costo più basso.

L’occidente non sempre riesce a mostrare la sua forza, non sempre riesce a nascondere la sua propensione all’autolesionismo, ma la capacità con cui negli ultimi due anni e mezzo ha aiutato due democrazie aggredite a difendersi dai terroristi nemici della libertà spesso ci porta a pensare a quello che ancora manca all’occidente per essere resiliente ma spesso ci fa dimenticare una notizia che due anni e mezzo fa non era scontata: di fronte ai nemici della libertà, l’occidente libero ha scelto da che parte stare senza ambiguità eccessive, senza farsi dettare l’agenda dai pacifisti amici degli ayatollah, senza farsi dettare l’agenda dai populisti al servizio del putinismo, senza farsi dettare l’agenda da chi senza successo da anni cerca di descrivere l’occidente come un cubetto di burro pronto a farsi infilare dal primo sciacallo di turno. Non è andata così. E in attesa che tutto vada male ci sono buone ragioni per ricordare perché quello che doveva andare male, almeno finora, è andato meglio del previsto.

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  • Claudio Cerasa
    Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e “Ho visto l’uomo nero”, con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.

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