Salvini al “chiodo”. Ancora scioperi, Mit in tilt, relazioni che lo bocciano. Il binario è la sua vera condanna

L’Art, autorità indipendente che regola i trasporti, boccia i trasporti di Salvini. Aumentano le ore di interruzione dei treni, oggi nuovo sciopero del personale, il Mit lamenta il blocco degli stipendi

Ministro Salvini, legga questa relazione e la metta al “chiodo”. E’ dell’Art, l’Autorità di Regolazione dei Trasporti, organo indipendente, ed è ben più dura della richiesta di condanna dei pm di Palermo. Qui non vale la difesa, “mi perseguitano”, e nessun italiano metterà una firma a suo favore. E’ più dura perché boccia due anni di gestione Salvini, al ministero dei Trasporti, due anni che hanno visto aumentare la durata delle interruzioni ferroviarie da 17.913 ore del 2022 a 22.904 ore nel 2023. Oggi e domani ci sarà un nuovo sciopero del personale di Fs e il governatore lombardo della Lega, il galantuomo Attilio Fontana, le telefona perché è spazientito dai ritardi di RfI, la società di Ferrovie che gestisce la rete. L’unico “chiodo” fisso dovrebbe essere il binario, l’unico chiodo fisso dovrebbe essere alleggerire la rete, che, documenta Art, è stressata “oltre la soglia dell’85 per cento”. tanto da violare il limite. Un pantografo si guasta, ma gli altri di scorta (è il caso di Roma Termini) funzionano? Ministro, sono finiti anche i chiodi.


La relazione, severissima, dell’Art, l’Autorità di regolazione dei trasporti, che “inchioda” il ministro dei Trasporti, è una relazione al di sopra delle parti. E’ a firma del presidente Nicola Zaccheo, che non è certo un pendolare di sinistra, e mette nero su nero, che c’è un problema serio, serissimo, di capacità di rete, che è già costata a Rfi, la società di Ferrovie che si occupa di infrastrutture, una sanzione. Si preferisce cercare un disgraziato con il martello scappato di mano, “il chiodo”, anziché dire agli italiani che viaggiano: “Stiamo facendo lavori importanti ed è necessario avere meno treni oggi per avere treni più sicuri e veloci domani”. Il chiodo della stazione Termini, esibito da Salvini, e che il 2 ottobre ha fermato l’Italia, va bene solo per fare scena da Massimo Giletti, su Rai 3.

Il ministro continua a dire che i treni sono in orario, ma dimentica di dire quanti treni sono stati soppressi. Ci sono cantieri in tutta Italia, ma il ministro, anziché chiedere “sacrifici” e “pazienza”, è tutto preso dalla “nastrite”, dal taglio del fiocco. I dirigenti di Autostrade e Ferrovie, caro ministro, le sorridono ma quando lei chiama pensano, e dicono ai giornalisti: “Ancora un altro cinema? Un’altra inaugurazione Tik Tok?”. Ogni volta che Salvini vuole tagliare un nastro una squadra di dirigenti deve lasciare il suo lavoro per organizzargli lo spettacolino. Troppo facile dire, “chiodo”. Questa estate i treni ad Alta velocità, e se ne sono accorti i passeggeri, si spostavano improvvisamente sulla rete a bassa velocità. Nulla di strano, si spostavano perché sulla rete venivano effettuati lavori necessari, ma se il treno dell’Alta velocità si sposta, sulla bassa, a essere penalizzati sono i treni regionali che rallentano a loro volta. Ecco perché Attilio Fontana è infuriato e lo scrive il Giornale nel dorso di Milano, il quotidiano “regale” della destra, del direttore universo, di Meloni, e prima di Berlusconi, Alessandro Sallusti. E’ la rete ferroviaria, oggi, a soffrire e lo documenta magnificamente ancora la relazione dell’Art, a pagina 9: “Una corretta assegnazione della capacità ha diretti riflessi sull’uso dell’infrastruttura, sulla adeguata programmazione dei cicli di manutenzione sulla regolarità e sulla puntualità dei servizi”. I disservizi si riversano sugli operatori ferroviari: aumentano le aggressioni e il personale sciopera. Se a chi si occupa di manutenzione si fa capire, e Salvini, lo fa capire, che ‘qui si batte la fiacca’, a pagarne è il personale che diventa il “chiodo” espiatorio. C’è poi la sicurezza dei cantieri. Lo sciopero di oggi e domani è stato proclamato come forma di protesta dopo l’incidente sul lavoro, la morte di Attilio Franzini, del 4 ottobre a San Giorgio di Piano, Bologna. Per una volta, il denaro c’è. Ci sono 40 milioni di euro del Pnrr per ammodernare la rete e Rfi li sta spendendo, ma deve spenderli, presto, entro il 2026, come chiede l’Europa.

Il problema della rete intasata è stato sollevato da Andrea Casu, deputato del Pd, in commissione Trasporti, che sta inseguendo Salvini, il ministro che, dice Casu, “prima pensava tagliare nastri e ora a tagliare teste”. E al ministero mancano le teste come sanno due dirigenti perbene, il capo di gabinetto Alfredo Storto, ed Elisabetta Pellegrini, ingegnere, che guida la struttura tecnica di missione del Mit. Perché i lavori vengono appaltati fuori? Perché al Mit c’è il blocco degli stipendi e un ingegnere per quale ragione dovrebbe accettare di lavorare al Mit a 1.700 euro al mese, ricoprire incarichi, assumere responsabilità enormi, a quella cifra? Un magistrato può fare il magistrato solo nel pubblico, ma un ingegnere può scegliere di lavorare altrove. E lo fa. Mancano perfino le teste per valutare la correttezza di un preventivo e non lo dice il Foglio, ma lo dicono i dipendenti che ci lavorano.

Salvini è un politico e i dirigenti di Rfi si domandano: il ministro perché non prende una decisione politica? La Stazione Termini è una stazione di “testa”, per ogni treno che entra deve essercene uno che esce, Tiburtina è invece una stazione “passante”, e la stazione era immaginata per far fermare l’Alta velocità. Scegliendo Tiburtina si alleggerirebbe Termini. Sarebbe una decisione da politico ed è politica usare una lingua di verità, spiegare che servono “sacrifici” anche per le ferrovie: meno corse per finire i cantieri, meno corse, ma meno interruzioni dopo. A furia di tagliare nastri si sta invece strozzando il mito del treno. Gli italiani hanno smesso di fidarsi di questo mezzo, l’unico mezzo che è rimasto a Salvini per ottenere un autentico sconto di pena. Caro ministro, sta perdendo il suo appuntamento: cerca l’assoluzione a Palermo, rischia la condanna, definitiva, al binario.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

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