L’altra erede del Cav.: colloquio con Francesca Pascale

Dal Calippo ai diritti, da Arcore a Roma nord. È lei la vera anti Meloni? Si batte per i diritti, Lgbt e civili in genere, e tanti la guardano come il nuovo volto di campi larghissimi nei territori misteriosi dell’opposizione

E’ovunque in tv, da Francesca Fagnani, da Lilli Gruber, da Bianca Berlinguer; si è presa la tessera dell’Anpi, l’Associazione partigiani d’Italia, e secondo qualcuno Francesca Pascale, neanche 40 anni e tante vite, ex fidanzata di Silvio Berlusconi, ex sposa di Paola Turci, prima ancora “calippa” secondo i detrattori per via di un vecchio video musicarello della partenopea “Telecafone”, è la donna del momento. Ma soprattutto: è donna di sinistra.


Si batte per i diritti, Lgbt e civili in genere, e tanti la guardano come il nuovo volto di campi larghissimi nei territori misteriosi dell’opposizione (e tanti invece sospettano). Mangiamo insieme nel caldo di una giornata romana, nella capitale dove questa ex ragazzina dalle tante vite si è appena trasferita. Lei beve anche una birra. Siamo a Ponte Milvio, tra le hamburgerie fighette dove ci sono tanti giovani come lei che mangiano e chiacchierano e forse non la riconoscono neanche, non sospettando di avere lì un pezzo di storia della repubblica, mimetizzata tra loro.



Pascale, lei è di sinistra? “Ma quando mai. Mai stata, anche se ho tanti amici di sinistra”. Come i tanti amici gay, sono più sensibili. La accusano d’essere un’attivista improvvisata. “Veramente io già nel 2014, dieci anni fa, mi iscrissi all’Arcigay, insieme a un altro non sospettabile di simpatie a sinistra, Vittorio Feltri. E poi mi iscrissi a GayLib”, l’associazione pro diritti liberale. “Non so se questo basta per avere la certificazione di origine controllata di attivista. Ma i diritti non sono né di destra né di sinistra”, dice lei, ‘nu jeans e ‘na maglietta. Vladimir Luxuria l’ha messa in guardia su questo giornale: occhio a non farsi strumentalizzare, come le donne berlusconiane che piacciono a sinistra, una specie di post Veronica Lario. “Credo che Vladi, persona libera e intelligente, lo intendesse soprattutto come un messaggio proprio alla sinistra”, risponde, saggia ragazza. Francesca Pascale sta entrando nel suo quarto atto. Il primo, giovane un po’ scapestrata di Fuorigrotta, quartiere napoletano popolare, poi fidanzata del premier, poi moglie di Paola Turci. Ma la sua famiglia è rimasta più scioccata quando lei ha fatto coming out, quando si è messa con Berlusconi, o quando ha sposato Turci? “Ormai sono abituati a tutto”. Prossimo passo? Cambio di sesso? Si fidanza con Pillon? “Oddio, no. Lo vedo bene piuttosto insieme a Vannacci, Pillon”. La sua famiglia è composta soprattutto da due sorelle, “una fa la chef, l’altra si occupa di animali, molto attiva nel sociale”. Poi c’è un padre con cui non ha più molti rapporti. La mamma è mancata da tempo. Ambiente di sinistra? “No. Mamma, casalinga. ha sempre votato il Psi di Craxi, poi Berlusconi. Il papà, operaio, prima era Msi, pure con la tessera della Fiamma tricolore. Poi ha avuto la folgorazione per i Cinquestelle”. Capisco l’interruzione dei rapporti. “Ma no, non è per la politica, è per cose più antiche”, sorride lei. Certo Berlusconi aveva questa fascinazione per Napoli… il cantore Apicella, lei, Noemi Letizia… sempre là finiva. “Lui lo diceva sempre: sono un napoletano nato a Milano”. Scendevate spesso? “Sì, era un delirio di folla indescrivibile”. Ma che le dicevano, quando sapevano che era fidanzata di Berlusconi? “Soprattutto mi chiedevano lavoro, in tantissimi, ed era difficile perché io non è che potevo dar retta a tutti, ma era una cosa che mi colpiva nel profondo”. Milano le piace? “Molto, ma non ci vivrei”. Napoli? “Troppo vicina alle mie radici”. Così ora sta a Roma in questa nuova fase dopo la separazione da Paola Turci.

Tra le varie critiche ora la incolpano anche abbastanza bizzarramente di aver rotto questa unione civile, “come se le persone gay fossero condannate al matrimonio eterno”. Ma come funziona il divorzio gay? “Per ora sono separata. Vai dall’avvocato… le stesse questioni degli etero, questo lo tengo io, questo lo tieni tu”. Magari la custodia condivisa dei cani. “No, macché, i miei cani sono sacri, stanno con me”. Quindi passerà gli alimenti a Paola Turci? Il marito ricco ora è lei. “Ma no, è messa bene, non ha bisogno”. Ma lei Pascale è molto liquida, si dice… “ah si, venti, trenta, cinquanta milioni. Chi più ne ha più ne metta. Secondo alcuni sarei ricchissima”. Smentisca. “Ma no, non ne ho voglia, ognuno sogni quello che preferisce. Diciamo che sono molto fortunata, il presidente mi ha lasciato quanto mi basta per essere tranquilla e soprattutto libera”. Parlando di Berlusconi lei lo chiama talvolta “il presidente”, a volte “Silvio”, a volte “il dottore”.

Marta Fascina però ha monetizzato meglio. Certo anche con l’inflazione galoppante, Fascina di milioni ne ha presi cento. Ha detto che al matrimonio di Silvio e Fascina se fosse stata invitata sarebbe andata con una canna in bocca. “Di Fascina non parlo”, si irrigidisce. Si fa le canne? “Sì”. Senta, e il Cav. le dava dei consigli sugli affari? “Più che consigli mi ha contagiato con una delle sue grandi passioni, l’immobiliare”. Il mattone! “Sì, come un’italiana media, che è come mi sento”. Anche lei con la classe media, il nuovo karma della sinistra, come Kamala Harris, come Elly Schlein! Ormai la sinistra vuole occuparsi di middle class e la destra di diritti Lgbt, è veramente il mondo al contrario. “No, il mattone è l’investimento più sicuro. Era uno dei temi di cui parlavamo di più con Silvio. Comprare case, ristrutturarle…”. Non vendo sogni, ma solide realtà. “Roberto Carlino!”, salta su lei. “Quello lì me lo ricordo bene, imitava un sacco il presidente, stesse giacche, stesse cravatte”. Certo un po’ più bruttino. “Quando passavamo da Milano 2 o Milano 3 Silvio si fermava, consigliava modifiche, migliorie sui giardini, entrava in un bar, e diceva questo non va bene, era come se il tempo si fosse fermato, tornava a essere il costruttore degli inizi”. Altre cose che facevate insieme? “Guardavamo vecchi film, gli piaceva molto Don Camillo”. E lei? “No, io preferisco Netflix”.


Ma insomma Arcore com’era? Non si sentiva perduta nella magione, giovane ragazza circondata dalla servitù, tipo Maria Antonietta di Sofia Coppola? “No, perché non eravamo mai fermi, sempre in movimento. A Roma a palazzo Grazioli, poi Arcore, poi villa Maria”. E che è villa Maria? Quella dell’università del liberalismo? “No, un’altra”. Insomma un altro tassello nell’infinita urbanistica berlusconiana della Brianza. “A Palazzo Grazioli ci sono passata qualche giorno fa. Bei tempi”, sospira. Ora c’è l’Associazione della Stampa estera. “Ah, e come hanno cambiato l’appartamento?”. Poi, affiorano i ricordi. Putin che gioca a palla con Dudù. “Sembrava un film, ero sconvolta. Lui non era ancora così ossessionato contro i movimenti Lgbt com’è oggi. Credo che sia stato dopo tutto l’attacco del collettivo femminista delle Pussy Riot che è peggiorato”.


Qualche tempo fa Fabrizio Cicchitto ha ricordato la storia secondo cui durante una battuta di caccia in Russia Putin offrì a Berlusconi il cuore fumante di un capriolo e Berlusconi andò a vomitare dietro un albero. E’ vera? “Sì, è vera, o almeno Silvio la raccontava. Oltretutto lui non mangiava carne. Non che fosse vegetariano, ma tendeva a non mangiare carne e pesce”. Le famose paste tricolori. Lei gli cucinava qualcosa ad Arcore? “No”. Non sa cucinare? “Certo che sono capace, e mi piace molto. Ma ad Arcore c’erano queste cucine industriali, enormi, dove entravi e non sapevi neanche come trovare il frigorifero, così lasciavo perdere”. Le canne se le faceva pure lì? “No, ad Arcore no, perché c’era un sacco di sicurezza, le guardie, i Carabinieri”. Non siamo insomma nel caso Maria Rosaria Boccia. “No, e non so davvero come facesse quella signora a entrare e uscire dai palazzi con quella facilità, ci sono un sacco di misure di sicurezza in quei posti”. Cosa avrebbe detto il Cav. del caso Boccia? “Si sarebbe fatto una risata, e l’avrebbe certamente gestita meglio. Ma avrebbe gestito meglio anche la questione dei migranti, non avrebbe mai rimandato indietro un barcone di disperati”. Come Salvini. “Appunto”. E l’Associazione partigiani come le è venuta in mente? “Io ero andata alla sede dell’Anpi per firmare il referendum contro l’autonomia differenziata, sa non volevo firmare a un gazebo di partito, e lì per lì mi hanno proposto di iscrivermi e mi sono detta: perché no. Del resto Berlusconi stesso mica era lontano dai partigiani. Si era messo pure lui al collo il fazzoletto nel famoso discorso del 25 aprile 2009 a Onna. E suo papà era stato perseguitato dai nazifascisti”. Le manca il Cav.? Domani sarebbe il suo ottantottesimo compleanno, il 29 settembre. “Mi manca tantissimo. E’ anche il compleanno di Bersani”.



Ma allora lo fa apposta! Senta, com’era villa Maria? “Una volta ero lì sola e suonò l’allarme, erano entrati dei ladri. Ebbi molta paura anche se vennero subito arrestati, si può immaginare. Si giustificarono: ma pure questa è una villa di Berlusconi! Non lo sapevamo”. In effetti. La prima volta ad Arcore? “Andammo dopo una manifestazione a Vicenza contro l’allora sindaco di sinistra! Poi da Napoli, prima volta con l’aereo privato, partimmo da Capodichino”. Ma l’aereo era venuto a prendere lei? “Me e altri militanti di Forza Italia, il gruppo campano di Fulvio Martusciello. Io mi ero candidata alle comunali, un disastro, presi 88 voti, manco il mio palazzo mi ha votato”. Com’è volare sull’aereo privato? “C’è un signore che ti aspetta all’aeroporto, ha il tuo nome, e ti guida fino a bordo”. E poi? “Ma non so, eravamo inebetiti”. Berlusconi però non l’ha mai candidata al parlamento. “Per un po’ non avevo l’età, serve aver compiuto 25 anni per la Camera. Poi io non ho mai voluto. La mia idea di politica anche oggi è quella della rappresentanza, voglio fare la differenza in Forza Italia, non mi interessa un incarico. Non ho la perseveranza”. Però ammetterà che è strano: lei si è trasferita a Roma, intanto Marina Berlusconi ha fatto quell’intervista in cui dice che sui diritti si sente più vicino alla sinistra, e si mormora pure di una discesa in campo di Pier Silvio. Troppo attivismo, troppe coincidenze. “Marina con la sua dichiarazione sui diritti mi ha piacevolmente stupito ma non mi ha sorpreso. Era la sensibilità che si respirava in famiglia”. Be’ poi in tv, a Mediaset c’è da sempre una certa apertura. “E nel calcio… io penso che ci siano molte più persone gay nel calcio di quanto si pensi. Ma in generale nella vita. Comunque non credo che nessuno dei figli Berlusconi scenderà in campo. Loro sono imprenditori. E Silvio era sempre stato contrario. Non voleva che subissero quello che aveva subito lui”. Ad Arcore comunque “cominciò la crisi con Berlusconi, perché c’era l’influenza di Licia Ronzulli, la sua assistente particolare, poi senatrice, donna di grande intelligenza ma cattiva”. Ah. L’ha detto anche da Bianca Berlinguer quando ha sostenuto che è Ronzulli che ha trascinato Forza Italia “nella pancia di Salvini”. “Quando Forza Italia era in crisi, Berlusconi cominciava a perdere un po’ il polso del partito e Salvini veleggiava al trenta per cento pensò bene di appiattirsi sulla destra sovranista della Lega. Ma se uno vuole votare destra-destra vota l’originale, non un’imitazione”. C’è Ronzulli anche dietro le foto realizzate dai paparazzi con cui la sorpresero in barca con Paola Turci, da cui la separazione col Cav. e la fuoriuscita di Pascale da Arcore? “Sicuramente c’è la sua mano, anche se non ho le prove. Molti pensano che fosse opera di paparazzi venuti dal nulla, ma non è così”. Adesso lei, bella e vendicativa come il conte di Montecristo, torna a sconquassare Forza Italia verso le praterie del centro. “Voglio che il partito si dia una svegliata. Non si può lasciare il tema dei diritti alla sinistra. E’ un peccato perché la destra per certe cose è avanti. La prima premier donna l’ha fatta la destra. Giorgia Meloni ha fatto un percorso più faticoso e meno ovvio di quello di Elly Schlein che pure stimo. Certo poi dispiace che si faccia chiamare il presidente. Assurdo”. Ma Meloni ci crede veramente secondo lei in “Dio patria famiglia”? “Non penso che lei sia omofoba, ma credo sia costretta dalla sua tradizione e dal suo partito a prendere posizioni estreme. Dovrebbe capire che aprire ai diritti non significa cancellare i valori, ma aggiungerne”. In tv lei Pascale ha detto che “Dio, patria e famiglia non vanno cancellati”. “Esatto, si può aggiungere. Che poi non è che pure loro li rispettino molto”. Lei è credente? “Sì, ma non praticante”. Ha mai abortito? “No, io personalmente farei molta fatica a pensare di abortire e non lo consiglio, ma questo non significa che le donne non debbano avere la libertà di farlo. Come per tutto quello che riguarda i diritti”.


Certo che a destra si stanno risvegliando tutti. Alessandra Mussolini è passata da “meglio fascista che frocio” a madrina gay stracciando Elodie. E’ marketing o ci credono veramente? ” E’ un fatto di coscienza verso la società. Se la destra continua a rompere le scatole agli omosessuali viene superata dalla società”. Sarà la famosa lobby gay. “Già, l’unica lobby i cui membri vengono perennemente bistrattati. Nessuno vuol fare guerra alle tradizioni ma non ci sono solo quelle. I ragazzi che si suicidano o i bambini delle coppie omogenitoriali. L’utero in affitto reato universale? Meloni deve pensare a tutti, perché non è in campagna elettorale, è la presidente e deve esserlo di tutti”.


Scusi la domanda becera, come donna le piace di più Meloni o Schlein? “fisicamente Meloni, lo devo ammettere”. Si vorrebbe farle qualche domanda su destra o sinistra tipo giornali anni Ottanta, il gioco della torre, Capalbio o Sardegna, ma son tutti riferimenti che sono saltati. A Capalbio trionfa Fratelli d’Italia, ai Parioli il Pd. Lei però ci racconta che nella Capitale ha preso casa dalle parti di via Cortina d’Ampezzo: regno di Smart, scooteroni, comprensori e finte bionde, come dove siamo ora. Piena Roma nord, un feudo che la sinistra non è mai riuscita a espugnare: ma anche un posto perfetto per mimetizzarsi e ricominciare da capo, un’altra volta. In fondo, una Brianza romana.

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).

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