Conte detta la linea al Pd: in Liguria i renziani fuori dalla coalizione

Schlein costretta a subire il veto del M5s. E Orlando adesso riunisce i sindaci del Pd riformista a Savona per non far apparire la sua coalizione come l’alleanza dei No

Alla fine vince Giuseppe Conte. Italia viva resterà fuori dalla coalizione del centrosinistra in Liguria. La lista “Riformisti uniti”, che oltre al partito di Matteo Renzi, comprendeva Più Europa e il Partito socialista, non farà parte dell’alleanza che sostiene la candidatura dell’ex ministro Pd Andrea Orlando. Un successo della linea radicale del M5s: mai con i renziani. Per il motto “testardamente unitari” e per chi lo ha inventato, la segretaria del Pd Elly Schlein, si tratta invece di una nuova sconfitta. Dopo aver trasformato il campo largo in un solco larghissimo sulla Rai – con M5s e Avs pronti due giorni fa a votarsi i propri membri nel cda di Viale Mazzini, lasciando sull’Aventino il Pd con Renzi e Calenda – il capo del M5s questa volta riesce a decidere i contorni dell’alleanza del centrosinistra in Liguria. Ne faranno parte il Pd, il M5s, Avs, due civiche del presidente e l’altra lista centrista, Patto civico e riformista, in cui saranno candidati esponenti di Azione, Partito repubblicano e Alleanza civica. Nonostante i consiglieri comunali di Iv abbiano lasciato nelle scorse settimane la maggioranza che a Genova sostiene il sindaco, e ora candidato governatore del centrodestra Marco Bucci, nonostante la rinuncia al simbolo del partito, i veti contiani hanno prevalso sulla presenza di Iv. La scadenza per la presentazione delle liste alle elezioni che si svolgeranno il prossimo 27 e 28 ottobre è prevista per oggi a mezzogiorno, salvo sorprese molto improbabili, la lista “Riformisti uniti” non sarà tra i simboli della coalizione.

E pensare che l’accordo per l’apparentamento, con tanto di firma del candidato presidente Andrea Orlando, era stato siglato alcuni giorni fa. C’erano dentro tutti. Dopo le tensioni degli scorsi giorni sulla Rai però Conte, a pochissime ore dalla presentazione delle liste, ha preteso: se rimane quella lista o non vengono stralciati i nomi della decina di candidati di Iv presenti, il M5s non ci sta. “Lo abbiamo sempre detto. Avere una lista senza la sigla di Iv ma con all’interno dieci dirigenti locali del partito e una consigliera comunale che fino a pochi giorni fa era in maggioranza con Bucci non era sostenibile. In Sardegna abbiamo vinto anche senza i riformisti perché era un’alleanza coerente: non si può stare con chi fino a ieri era con Toti e il modello Genova”, spiegano dal M5s. Una linea, subita dai vertici nazionali del Pd, che ha costretto Iv al passo indietro. “Su pressione dei cinque stelle, ci è stato chiesto di eliminare l’apparentamento o cancellare dalla lista i nomi di alcuni nostri rappresentanti. Per noi non è politicamente serio. Siamo disponibili a fare gli accordi ma non a tutti i costi”, ha spiegato al senatrice e donna forte di Iv in Liguria Raffaella Paita. Orlando ha risposto alle dichiarazioni di Paita, con un accorato appello all’unità ai leader nazionali, a cui però non è seguita né una chiamata, né uno sforzo concreto per cercare di riportare anche i centristi in coalizione.

Lo strappo infatti sconfessa la linea Schlein, ma dal candidato è stato vissuto senza troppa preoccupazione. Orlando infatti è convinto che in Liguria Iv e i centristi non valgano poi così tanto. “Chi stava con Bucci è rimasto con Bucci, quei voti non si sarebbero spostati lo stesso”, è il ragionamento che viene fatto nell’inner circle dell’ex ministro. I sondaggi interni mostrerebbero che Orlando ha un notevole vantaggio su Bucci. Insomma, può vincere anche senza i riformisti. Eppure adesso il centrodestra avrà gioco facile a dire che chi vuole le opere sta da una parte sola, quella del sindaco del modello Genova e della ricostruzione del ponte Morandi. Per evitare che possa prevalere una rappresentazione della realtà di questo tipo, in cui la coalizione di centrosinistra diventa quella dei No a tutto, proprio oggi Orlando sarà a Savona con il sindaco di Milano Beppe Sala, e quelli di Torino e Parma, Stefano Lorusso e Michele Guerra. Una schiera di primi cittadini riformisti pronti a bollinare la “pragmaticità” del candidato di Pd, M5s e Avs, rimasto orfano dei riformisti. In Basilicata una scelta simile imposta dal M5s fu fatale per il centrosinistra, in Liguria si vedrà.

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