Side Baby è tornato per dirci che non vuole diventare grande. E meno male

Esce “Leggendario”, il nuovo album da solista di Arturo Bruni. Mentre Tony Effe, Wayne e Pyrex sono riusciti a sfilarsi, Dark Side ripropone lo stesso campionario di temi proibiti e riprovevoli della Dark Polo Gang

Alla fine dell’estate che ha incoronato come tormentone preferito la deliziosamente appiccicosa “Sesso e Samba” di Tony Effe, un altro membro della vecchia Dark Polo Gang, Side Baby, vero nome Arturo Bruni, all’epoca noto come Dark Side, ha pubblicato il suo terzo album solista “Leggendario”. Side è un personaggio piuttosto straordinario, per molti versi estremo, intriso di sentimentalismo a dispetto del suo stile maledetto e un po’ perduto e soprattutto è una figura alla quale è facile volere bene. Per il ritorno nella discografia Arturo ha scelto il giorno del suo trentesimo compleanno e anche questo istinto celebrativo appartiene a un certo modo di prendere la vita, come d’altronde recita quel titolo, con il quale pretende d’attribuirsi una dimensione memorabile, e non è una ambizione sbagliata, perché ciò che lui e i suoi soci fecero a metà dello scorso decennio diventando la crew dei cavallini, per un gruppo circoscritto di circa-coetanei rimane l’indimenticabile sorgente di un’attitudine, anch’essa peraltro del tutto immaginaria: droga, soldi, sesso, Scarface e macchinone, Rolex e ori, un repertorio che rivisto oggi sembra preso di peso dalle pagine di “Billy Bis” o dalle pellicole di genere di serie-C.

Rispetto, dominazione, successo e perdizione: sceneggiature assurde scritte per rendere pirotecnica la normalità dattorno, quando è ancora il momento della scuola e dei pomeriggi noiosi, assetati di diversivi e di chissà quali fantasie. E’ quello, anzi sarebbe meglio dire “è stato”, il gioco della trap, rilanciato da Sfera nella pianura Padana, ma concepito come un carrozzone ambulante di travolgenti ragazzi fuori di testa, da Wayne, Tony, Pyrex e proprio da Side ai tempi della DPG, dove ne sparavano di grossissime con quei toni di stonata, ineducata indolenza musicale che fulminò (e scandalizzò e fece moltissimo incacchiare) gli ascoltatori, trasformando però in seguaci una ristretta percentuale e segnando un solco musicale che poi si sarebbe allargato a dismisura.

Davvero, risentita oggi – perché Side Baby in “Leggendario” riparte proprio da lì, consapevolmente ripropone proprio per intero lo stesso campionario di temi proibiti e riprovevoli, come se sapesse d’esserci in qualche modo imprigionato, mentre i colleghi sono riusciti a sfilarsi, chi imboccando la strada del pop come Wayne e Pyrex, chi trasformandosi nell’Al Pacino del rap come Tony Effe, tra Fred Bongusto, Califano, Buscaglione… Side no. Ricomincia coi Rolex, i gioielli e le pasticche, perché ha trent’anni ma si percepisce che non vorrebbe averli, che gli manca il disincanto folle, il futuro senza futuro dei pischelli, adesso è padre, nelle interviste sostiene d’aver messo ordine nella sua vita, di sentire la responsabilità di essere genitore, d’inseguire la versione 2.0 di se stesso, ma poi nel disco fa il verso a se stesso e chiama i compari a fare i featuring, anche loro ricalcando i se stessi d’una volta, a chi la spara più grossa.

Eppure, in questo festival di risapute esagerazioni c’è una notevole dolcezza, perché la cosa vera è che Arturo è un artista e di talento ne ha da vendere, anche se è (ed è sempre stato) polverizzato nel caos, estratto di getto, in modo incontrollato, come nei freestyle, ineducato (dice che gli sarebbe piaciuto studiare canto – è un controsenso, non fa per lui) e alla fine questo disco passatista, che potrebbe essere stato pubblicato dieci anni fa, è una piccola perla per la vicenda umana che racconta, per come permette di riaccostarsi con affezione a una figura forte, a quel vocione scoordinato che verseggia su piccoli sample circolari, snocciolando il rosario dedicato all’”ottavo re di Roma”. Sì, perché “Leggendario” ha due protagonisti: il ragazzo che non ne vuole saperne di diventare grande e d’abdicare al suo delirio poetico, e la molle, apatica, grandiosa città che l’abbraccia e lo circonda, per le strade della quale lui si muove con l’indolente consapevolezza di chi non la lascerà mai, perché là è cresciuto e solo restandoci può perpetrare la sua illusione e le sue ossessioni.

Insomma, “Leggendario” è un po’ un album, ma anche un film e un racconto e in ogni caso ha un regista-attore che non brilla per disciplina, ma che non ti lascia indifferente, ti fa voltare e fermare ad ascoltarlo, mentre con un’ostinazione che lui scambia per coerenza, ricanta la sua ballata piena di pietre scintillanti e pupe mugolanti. E’ un teatrino dell’esagerazione, come quello dei Pupi che si prendono a randellate, ma ha rischiarato i dubbiosi orizzonti d’una generazione che nel frattempo è diventata grande ed è passata oltre. Side Baby no, non ne ha voglia e trova ancora senso nel restare un po’ in quella scenografia. Ma è talmente amabile e a modo suo innocente, che ci convince a stare ad ascoltare le sue storie, pensando che è davvero un tipo speciale, che ci fa piacere sia tornato a farsi vivo, e vedremo come la sua parabola continuerà a dispiegarsi.

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