La svolta di Telegram. Svelerà indirizzi IP degli indagati per collaborare con le autorità giudiziarie

Non è l’unica novità sulla app di messaggistica, dopo l’arresto del ceo Pavel Durov a Parigi ad agosto. Nelle ultime settimane la piattaforma ha impiegato un team di moderatori e rimosso la funzione “Persone Vicine”, che veniva abusata dai criminali informatici

Telegram consegnerà alle autorità giudiziarie gli indirizzi IP delle connessioni per risalire all’identità delle persone e i numeri di telefono degli utenti nel caso di procedimenti legali nei loro confronti. Ad annunciarlo è lo stesso fondatore della app di messaggistica, Pavel Durov, in un post sul suo canale. La novità arriva dopo che a fine agosto Durov era stato arrestato a Parigi con l’accusa di essere complice delle attività illegali permesse dalla piattaforma. Gli vengono imputati 12 capi d’accusa per crimini (tra cui reati di pornografia infantile, traffico di droga e transazioni fraudolente) avvenuti all’ombra della app, che avrebbe consentito ai criminali di muoversi indisturbati. Durov è stato poi rimesso in libertà sotto cauzione con il divieto di lasciare la Francia e l’obbligo di presentarsi due volte alla settimana alla polizia.

Sulle Faq di Telegram si legge come fino a oggi siano stati “divulgati 0 byte di messaggi degli utenti a soggetti terzi, compresi i governi”. E tra i motivi del successo di Telegram in questi anni c’è proprio quello della privacy: è vero che i messaggi di Telegram non sono protetti automaticamente da crittografia di tipo “end-to-end” (quella in cui solo le persone che stanno comunicando possano leggere i messaggi, come avviene invece sia su Signal sia su WhatsApp) ma questo avviene invece con la funzione Secret Chats. C’è inoltre la possibilità di usare l’app senza una scheda SIM. Come scrivevamo qui, “a favorire quell’aura di segretezza che ha fatto sembrare Telegram lo strumento preferito da hacker e criminali non è stata tanto la privacy quanto l’assenza totale di moderazione dei contenuti e controlli: da ben prima che il tema della libertà d’espressione diventasse marchio di fabbrica di Elon Musk e del suo X, Telegram si basava sul laissez-faire e sulla promessa di non vendere i dati degli utenti, a differenza di Meta e Google”. Nelle ultime settimane invece la piattaforma ha impiegato un team di moderatori che, usando l’intelligenza artificiale, ha reso la funzione di ricerca più sicura. “Tutti i contenuti problematici sulla ricerca non sono più accessibili”, aggiunge Durov che sollecita gli utenti a segnalarli eventualmente al profilo @SearchReport. Anche la funzione “Persone Vicine” è stata eliminata da qualche settimana, poiché veniva abusata dai criminali informatici.

C’è poi il caso della Russia (ne scrivevamo qui), che è particolare proprio perché il ceo di Telegram è nato a San Pietroburgo nel 1984 (allora Leningrado) e ha cittadinanza russa oltre che francese ed emiratina. “Il suo arresto a Parigi è stato un colpo al cuore per il Cremlino che, attraverso la sua piattaforma, agevola le comunicazioni delle Forze armate impegnate in Ucraina e consente la proliferazione di canali bellicisti, così come anche per la milizia Wagner che, per mezzo di Telegram, organizza le proprie attività militari in Africa. Ma al contempo, Telegram è (o per lo meno è stato) per gli oppositori del regime il mezzo per riorganizzarsi e per la gente comune che, dal febbraio 2022, si muove a zig zag tra repressione e censura, uno strumento per comunicare liberamente e farsi un’opinione autonoma su quanto accade al fronte”.

Insomma, se finora Telegram forniva i dati degli utenti solo in caso di sospetto di attività terroristiche, adesso tutto sta per cambiare. Se dovesse ricevere richieste legali valide da un ente governativo, d’ora in poi l’azienda comunicherà il numero di telefono e l’indirizzo IP della persona indagata. “Non permetteremo che i malintenzionati mettano a repentaglio l’integrità della nostra piattaforma da quasi un miliardo di utenti”, ha scritto Durov nel suo messaggio.

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